Guillermo del Toro è dotato di un raro talento, quello di restituire a noi adulti le stesse identiche sensazioni di quando da piccoli, prima di andare a dormire, ci raccontavano una storia, e ci perdevamo in un mare di fantasie. Questo però senza però farci dimenticare di essere cresciuti. La definizione di “fiaba per adulti” che si sente dare a The Shape of Water sin dalla sua prima apparizione difatti non potrebbe essere più appropriata. È una storia semplice, bizzarra, poetica e romantica, in cui però non mancano sesso e violenza espliciti. Oserei quasi paragonarla alle fiabe popolari prima che venissero edulcorate.
Siamo nel pieno della Guerra Fredda, e gli Stati Uniti cercano un modo per superare la Russia nella corsa allo Spazio. A tale scopo, ad un certo punto catturano in Sud America uno strano uomo-pesce (una sorta di incrocio tra Abe di Hellboy e il Mostro della Laguna Nera) e lo rinchiudono in un laboratorio governativo segreto a Baltimora (chiamato significativamente Occam), dove lo sottopongono a dei test e lo torturano senza pietà, nonostante mostri evidenti segni d’intelligenza. Qui lavora come addetta alle pulizie una donna muta di nome Elisa, che per una serie di circostanze scoprirà la presenza (top-secret) dell’essere, e instaurerà con lui un legame sentimentale sincero e profondo, ovviamente fatto di comunicazione non verbale.
Il film presenta una struttura davvero molto semplice, per l’appunto paragonabile a quella di una fiaba, ma ci sono una moltitudine di grandi e piccoli dettagli che lo rendono bellissimo e indimenticabile. In più occasioni rimarrete a bocca aperta e in men che non si dica questa atipica storia d’amore riuscirà a coinvolgervi ed emozionarvi, contro ogni aspettativa.
Il contesto storico permette di tirare in ballo tematiche riguardanti i pregiudizi e il razzismo. Il modo in cui gli agenti del governo trattano la creatura, facendo finta di non vedere la sua intelligenza, infatti non è dissimile dalle discriminazioni riservate all’epoca per le minoranze. A suo modo anche Elisa è emarginata per via della sua disabilità, e non a caso i suoi migliori amici sono una collega di colore e il vicino di casa omosessuale, tra i pochi capaci di guardare oltre la sua condizione. Con l’uomo-pesce la donna raggiunge un livello di empatia anche superiore e mai provato prima, poiché tra di loro scompare completamente l’uso delle parole, lasciando spazio solo all’istinto e ai sentimenti, talmente puri da mettere in ombra qualsiasi diversità esteriore.
Al di là di tutto comunque non aspettatevi nulla di esageratamente impegnato, perché il punto del film è semplicemente quello di raccontare una storia d’amore capace di andare oltre ogni pregiudizio, ostacolo e, volendo, anche logica. Del Toro ci regala qualcosa di magico, confezionando il tutto col suo rinomato stile visionario.
Se la storia in qualche punto può presentare piccole forzature o ingenuità, il comparto tecnico invece è semplicemente impeccabile. La fotografia è splendida, e la regia, senza perdersi in particolari evoluzioni, dà vita a scene incredibilmente belle con classe e carattere. Ho adorato particolarmente gli effetti speciali, perché il digitale è ridotto ad un uso mirato ed efficace, non si fa notare, e il risultato è che tutto sembra reale e tangibile (il film è destinato ad invecchiare benissimo). Tutti questi elementi assieme creano un’atmosfera unica e incantevole.
Notevole la performance di tutti gli attori, prima tra tutti la protagonista Sally Hawkins che per via del suo personaggio ha lavorato straordinariamente sulla mimica, seguita dalla simpaticissima “big mama” Octavia Spencer e il tenero Richard Jenkins, fino ad arrivare all’odioso cattivo della storia Michael Shannon. Una menzione speciale va a Doug Jones nei panni della creatura, nascosto sotto chili di trucco prostetico come già avvenuto per l’Uomo Pallido ne Il Labirinto del Fauno, uno dei capolavori di Del Toro.
La forma dell’acqua è un film dalla semplicità fiabesca, ma profondo abbastanza da suscitare tante emozioni diverse. Nonostante la storia d’amore così strana, riesce nell’impresa di coinvolgere e far affezionare lo spettatore. Sbagliereste però a pensare che sia fatto solo di miele e poesia, perché ha un’anima molto matura, per cui non si fa problemi a mostrare una violenza anche eccessiva e sesso esplicito, ovviamente senza mai scadere nel volgare o nel gratuito.
Il film è complessivamente grandioso, e pur non raggiungendo il livello del Labirinto del Fauno ne ricorda molto i toni, dunque riuscirà sicuramente a fare breccia nei cuori dei fan di Guillermo del Toro.
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