Recensire Ready Player One non è facilissimo, si entra in sala con l’aspettativa di guardare un semplice film d’intrattenimento e ci si trova di fronte un prezioso giocattolo. Steven Spielberg vestito da Babbo Natale ci porta in dono il bambino che è in noi, quello che dice “oggi faccio io He-Man!”.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Ernest Cline. In un futuro prossimo, il mondo è depresso a causa di guerre, indigenza e la susseguente crisi energetica, e in questo scenario l’unica via di fuga è OASIS (acronimo di Ontologically Anthropocentric Sensory Immersive Simulation), una realtà virtuale totalmente immersiva dove ognuno può scegliere di essere ciò che vuole (immaginate una specie di Second Life).
Alla morte, il suo creatore James Halliday annuncia tramite un video che la compagnia andrà in eredità a chi riuscirà a trovare un easter egg nascosto all’interno di uno degli sconfinati mondi virtuali esistenti, ed essendo lui stato un nerd incallito negli anni ’80, comunica che gli indizi per trovarlo sono sepolti da qualche parte all’interno delle sue opere preferite. Inizia la Caccia, e di colpo la cultura pop torna in auge.
Come potete immaginare la trama non è altro che una scusa per dare vita a un concentrato di citazioni, personaggi ed eventi presi dalla cultura pop. Ed è proprio in questo che il film da il suo meglio.
Sarebbe stato molto facile scadere nel semplice citazionismo, riempire lo schermo in maniera insensata di personaggi famosi per tutta la durata del film, e ritrovarci con giocattolo di bell’aspetto ma fatto con materiale scadente, di quelli che si rompono subito. Qui invece tutto è ben contestualizzato e capire le citazioni è divertente, ma non fondamentale per riuscire a seguire lo svolgimento della trama. La vostra mente inizierà automaticamente a tentare di cogliere il maggior numero di riferimenti possibile, e il tutto diventerà una sorta di sfida con voi stessi, come quando da piccoli facevate a gara per contare le macchine parcheggiate o cose simili.
Per quanto riguarda il libro è inutile fare parallelismi, il significato è rispettato al 100% ma lo svolgimento della storia è completamente diverso. È praticamente un Ready Player One 2.0, con citazioni e sfide aggiornate ai nostri tempi e non più ai soli anni ’80. Prima di vederlo era su questo che nutrivo i maggiori dubbi: come riuscire a rendere interessante per tutti un’opera che solamente chi è cresciuto negli 80s può capire fino in fondo? Semplicemente non rendendo la citazione la protagonista, bensì l’amore per la cultura pop in toto. Non importa che i protagonisti agiscano dentro una pellicola degli anni ’80 o ’90, quanto che traspaia tutta la passione verso quel tipo di cinema.
Anche volendo, inoltre, non credo sarebbe stato possibile inserire tutto ciò che c’era nel romanzo per una mera questione di diritti. Dall’altro lato penso che molti brand avranno fatto a gara per poter apparire: questo film è un po’ come un messaggio in bottiglia per le generazioni future, un modo di poter dire “guardate, io sono stato citato in Ready Player One, io contavo qualcosa nella cultura pop di quei tempi”.
Altra differenza con il libro è la velocità nella catena degli eventi. Il film non ha un attimo di pausa e prosegue spedito fino alla fine, senza quei momenti riflessivi che invece troviamo su carta. Questo ovviamente accade in quanto cinema e letteratura hanno tempi e necessità molto diverse. Però è un peccato che non si abbia il tempo di assaporare tutte le citazioni che ci vengono sapientemente servite.
È il caso di accennare finalmente ai nostri protagonisti: Parzival, Art3mis, Aech e gli altri rientrano nella categoria dei Gunter (contrazione di Egg Hunter), ossia coloro che all’interno di OASIS si dedicano completamente alla Caccia, un po’ per gloria personale, ma anche (e alcuni soprattutto) per impedire che la corporazione chiamata IOI prenda il possesso totale del “gioco” stravolgendolo con pubblicità invadenti e pagamenti mensili.
Per far questo partecipano a svariate competizioni altamente rischiose per i loro avatar: le persone nel mondo reale non devono temere i pericoli di OASIS, ma in caso di morte le loro controparti virtuali sarebbero resettate, causando la perdita di tutto l’equipaggiamento e i crediti guadagnati fino a quel momento.
I cattivi dell’IOI sono sicuramente la cosa più fedele al libro sia dal punto di vista estetico che per quanto concerne la storia. Sono la rappresentazione di ciò che Halliday non avrebbe mai voluto, poiché uno dei motivi per cui ha creato OASIS è permettere a tutti di sentirsi liberi inseguendo le proprie passioni. L’unico obiettivo della corporazione, guidata da un uomo privo di scrupoli chiamato Nolan Sorrento, è invece lucrarci sopra il più possibile.
Dopo aver enunciato tutti i pregi, dobbiamo parlare anche di qualche difetto, quindi mettiamo per un attimo da parte gli occhi del bambino che è in noi (che però non potete dimenticare se volete affrontare la sua visione).
Per prima cosa i personaggi non sono particolarmente approfonditi o praticamente non hanno un’evoluzione. I ruoli sono predeterminati e tali rimangono per tutto il film. Inoltre ci sono eventi che accadono solo per far andare avanti la storia o situazioni un po’ stupide, dove ad esempio qualcuno scappa da una stanza piena di gente senza essere visto.
Altra cosa da notare è che tre quarti buoni del film si svolgono all’interno di OASIS, e i personaggi che si muovono al suo interno sono realizzati con la tecnica della performance capture (o motion capture, che dir si voglia), visivamente spettacolare ma non in grado di valorizzare appieno la recitazione degli attori. Nulla di grave visto che l’intenzione non era certo quella di realizzare Quarto Potere 2.
Sempre in tema di attori, due che mi hanno colpito maggiormente forse sono stati Ben Mendelsohn nel ruolo di Nolan Sorrento, che nel suo essere volutamente macchiettistico mi ha ricordato un po’ i classici cattivi degli anni ’80 (ma potrebbe essere che io sia stato suggestionato dal mood del film, tra l’altro l’attore è stato anche il villain di Rogue One), ma soprattutto un Halliday interpretato in maniera magistrale dal Premio Oscar Mark Rylance, che mi ha fatto davvero emozionare. Altra presenza degna di nota è Simon Pegg che nonostante i pochi minuti a schermo riesce sempre a risplendere. Per il resto tutti molto bravi, ma senza performance particolarmente eccezionali (che comunque il film non richiedeva).
Ovviamente in tutto ciò si inserisce anche una morale, che in sostanza è quella di non abbandonarsi totalmente alla tecnologia e i mondi virtuali perdendo il contatto con la realtà. A voi decidere se essere d’accordo o meno.
Cos’altro potrei aggiungere? Solo che Cline, anche sceneggiatore del film, ha probabilmente realizzato un sogno lavorando a fianco di Steven Spielberg in quanto il suo amore per le opere del regista è palpabile, e che quest’ultimo all’età di 71 anni è ancora in grado di farci meravigliare e divertire come in Jurassic Park o Indiana Jones.
Ready Player One è quel piccolo gioiello d’intrattenimento e fanservice adatto a tutta la famiglia che ci si aspettava. Ci trascina in un mondo meraviglioso pieno di personaggi familiari, con cui siamo cresciuti e che ormai appartengono indissolubilmente al nostro immaginario, e spazza via qualsiasi perplessità maturata prima della visione.
Commenta per primo
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.