Ventiquattro anni dopo la sua pubblicazione, il romanzo “The Alienist” di Caleb Carr arriva sul piccolo schermo con una trasposizione da 10 episodi distribuita da Netflix, diretta da Jakob Verbruggen e adattata da Hossein Amini.
È il 1896, il culmine dell’Età dorata negli Stati Uniti, quando a New York si affaccia una nuova figura professionale, quella dell’alienista, specializzato nello studio dei disturbi mentali e nel trattamento di “coloro alienati dalla loro vera natura”. Il dottor Laszlo Kreizler (interpretato da Daniel Brühl), protagonista tormentato ma brillante, si fa portavoce delle grandi novità nel campo della psicologia, con approcci ancora giudicati discutibili e metodi piuttosto controversi. Ma il suo apporto diventerà presto indispensabile nella caccia a un assassino seriale (termine non ancora coniato a fine Ottocento), che uccide e mutila brutalmente i giovani ragazzi che si prostituiscono nei bassifondi di New York.
Quando vicino al ponte di Williamsburg (a quel tempo ancora in costruzione) viene trovato il corpo orrendamente sfigurato di un tredicenne, il neoeletto commissionario della polizia Theodore Roosevelt (lo stesso che diventerà in seguito presidente degli Stati Uniti) si rende conto che non si tratta di un omicidio come gli altri e, conscio dell’inefficacia delle investigazioni condotte normalmente dalla polizia, affida segretamente al dottor Laszlo il compito di indagare parallelamente sul caso.
L’alienista, infatti, ha notato immediatamente delle somiglianze con un omicidio avvenuto alcuni anni prima, la cui vittima era un suo giovane paziente che era solito vestirsi da ragazza. Convinto che dietro i due crimini si nasconda lo stesso individuo, si dichiara certo di poter stanare il colpevole tramite un’accurata analisi. Siamo dunque di fronte a una prima fase del cosiddetto profiling, quel tentativo considerato ancora poco ortodosso di “entrare nella mente dell’assassino”, modalità oggi più accettata e impiegata nella psicologia criminale.
Ad affiancare il dottor Kreizler nella sua indagine troviamo la fiera e ambiziosa segretaria Sara Howard (interpretata da Dakota Fanning), la prima donna a lavorare nel dipartimento di polizia di New York, l’illustratore del New York Times John Moore (interpretato da Luke Evans) e i due sergenti gemelli Lucius e Marcus Isaacson (rispettivamente Matthew Shear e Douglas Smith), che contribuiscono con le prime applicazioni di “polizia scientifica”.
Nonostante la segretezza della loro missione e il supporto, seppure altalenante, del commissario di polizia (del resto la figura dell’alienista è ancora molto controversa), il gruppo non mancherà di farsi notare nei bassifondi di New York, ampiamente frequentati da personalità di spicco della città. Sarà proprio la minaccia incombente sui segreti più oscuri di alcune potenti famiglie a mettere in serio pericolo non solo l’indagine, ma le vite stesse dei nostri protagonisti. Muovendosi fra poliziotti corrotti, uomini senza scrupoli e, per Sara, anche un ambiente fortemente maschilista, i protagonisti dovranno fare i conti con loro stessi man mano che esplorano l’abisso di una terribile mente criminale.
Le vicende dei personaggi si intrecciano alla trama principale senza appesantirla e, nonostante la brevità della serie, mostrano anche una notevole evoluzione personale. Il protagonista, presentato inizialmente sotto una luce di progressismo e grande apertura mentale, mostrerà gradualmente punti oscuri e gravi mancanze, che dovrà affrontare al fine di risolvere il caso. Parallelamente, John deve fare i conti con la sua dipendenza dall’alcool e sfidare i demoni del suo passato, mentre Sara riesce piano piano farsi valere all’interno del gruppo, sfidando le iniziali riserve a farla partecipare attivamente alle indagini, dimostrando di non essere affatto debole né un mero contorno, e dando un grande contributo alla risoluzione del caso.
Interessanti anche personaggi minori come Stevie (interpretato da Matt Lintz), fattorino e autista assunto dal dr. Kreizler, Cyrus (Robert Ray Wisdom) e Mary (Q’orianka Kilcher), la domestica muta con la quale il protagonista ha un particolare legame. Ognuno di loro giocherà un ruolo fondamentale e contribuirà alle indagini e alla crescita del dottore.
Fra i numerosi ambienti che fanno da cornice alla vicenda (la sede della polizia, la casa del dottore e i lussuosi teatri), quelli che più stupiscono sono i bordelli della città, dove si svelano crudamente la condizione di vita di giovani ragazzini che si guadagnano da vivere con la prostituzione e la cui sorte sembra non interessare a nessuno.
L’alienista vanta un ottimo cast, fotografia e costumi esemplari (in particolare la minuziosa cura nel raffigurare i cadaveri e le loro ferite senza cadere nell’eccesso ma garantendo comunque un grande impatto visivo), e una colonna sonora curata da Rupert Gregson-Williams che rende splendidamente l’atmosfera cupa della storia. In alcuni punti, però, la serie perde il suo ritmo ed è proprio in prossimità del finale, dunque il momento rivelatorio, che l’attenzione dello spettatore inizia a scemare. Resta comunque un titolo valido per gli appassionati di gialli e del setting ottocentesco.
Commenta per primo
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.