Da noi Ant-Man and The Wasp si è fatto attendere molto, arrivando nelle sale con più di un mese di ritardo rispetto agli altri paesi. Io personalmente non vedevo l’ora che uscisse sia perché il primo Ant-Man mi aveva conquistato, ma principalmente perché ero curioso (come tutti, del resto) di vedere in che modo avrebbero collegato il film a Infinity War e se ci fosse qualche elemento chiave per Avengers 4, cose su cui eviterò di pronunciarmi per mantenervi al riparo dagli spoiler.
Il film è ambientato prima dello schiocco di dita di Thanos ed è incentrato sulla missione di Hank Pym e sua figlia Hope per andare nel mondo quantico a salvare finalmente la loro cara Janet, che vi è intrappolata da ben 30 anni. Da quando Scott infatti è riuscito a tornare da lì sano e salvo, in Pym si è riaccesa la speranza di ritrovare sua moglie ancora viva e ha iniziato a lavorare a un macchinario per raggiungere il suo obiettivo, il cui completamento però sarà ostacolato da più persone interessate a impossessarsi della sua tecnologia.
E Scott in tutto questo che ruolo ha? Lui si ritrova a scontare gli ultimi giorni di arresti domiciliari per aver aiutato Captain America in Civil War e cerca di rigare dritto per il bene della figlia, ma a quanto pare nella sua testa si nasconde la chiave per salvare Janet e inoltre non può permettere che la tecnologia Pym cada nelle mani sbagliate, quindi si troverà costretto ancora una volta ad aggirare la legge.
Questo sequel, pur essendo un buonissimo film d’intrattenimento, non riesce ad essere “scoppiettante” quanto il suo predecessore per più motivi. La trama in diversi punti non è molto convincente e sembra che alcune situazioni vengano sbrogliate in maniera fin troppo semplice rispetto alla complessità delle materie trattate, senza contare qualche ingenuità che gli spettatori più attenti non potranno fare a meno di notare.
Ma l’aspetto principale su cui Ant-Man and The Wasp fa un po’ più di fatica rispetto al primo film è quello dell’umorismo: sarà che stavolta in sceneggiatura è mancata la mano di un autore come Edgar Wright, sarà che le gag più valide se le sono bruciate nei trailer, ma ho sentito la mancanza di quel certo non-so-che. Si ride comunque abbastanza e di gusto, ma non si percepisce più quella comicità che dava un forte carattere all’Ant-Man del 2015. Al di là di questo c’è da dire che sono riusciti a creare un ottimo equilibrio tra i momenti comici e quelli drammatici.
La qualità delle scene d’azione invece rimane altissima. I continui ridimensionamenti di personaggi e oggetti danno spazio a trovate geniali e creano uno spettacolo visivo entusiasmante, coadiuvato da una buona fotografia, luminosa a coloratissima, e dalla regia di Peyton Reed che è riuscito di nuovo a rendere perfettamente comprensibili anche i momenti più caotici, cosa non da poco visti i continui cambi di prospettiva.
Altro aspetto che rende Ant-Man and The Wasp godibilissimo sono sicuramente i personaggi e i loro interpreti. Spicca sopra ogni cosa l’alchimia tra i protagonisti Paul Rudd ed Evangeline Lilly, che insieme non stancano mai, poi Michael Peña è simpaticissimo come sempre e mi sembra quasi scontato rimarcare la bravura di due grandi star come Michael Douglas e Michelle Pfeiffer.
Ma passiamo al lato spinoso di ogni film dei Marvel Studios: i villain. Nel primo Ant-Man avevamo una situazione da fumetto molto classica con il Calabrone, che comunque nel suo piccolo funzionava (soprattutto visivamente) ma rimaneva stra-stereotipato. Qui invece le cose si fanno leggermente più atipiche, perché troviamo in parallelo due villain mossi da motivazioni completamente diverse tra loro. Walton Goggins interpreta Sonny Burch, un classico criminale senza scrupoli (parte in cui si rivela sempre perfetto) che vuole impadronirsi della tecnologia Pym a fini di lucro, mentre ad Hannah John-Kamen spetta il ruolo ben più interessante di Ghost.
Ava, questo il suo vero nome, non è neanche definibile una villain vera e propria: non vuole far male agli altri a prescindere, ma è afflitta da un dolore personale così forte da spingerla a fare di tutto nel tentativo di mettergli fine. È sicuramente un personaggio più complesso del solito e si entra facilmente in empatia con le sue ragioni, eppure, al di là anche di un’ottima resa dal punto di vista estetico, non riesce mai ad essere incisiva, a lasciare davvero un segno nella mente dello spettatore, forse perché alla fin fine suscita più pena che timore.
Ant-Man and The Wasp porta una piacevolissima ventata di freschezza in questa estate torrida, ma non ha qualità che lo facciano spiccare particolarmente tra gli altri film del Marvel Cinematic Universe. Alla fine ciò per cui lo ricorderanno maggiormente i fan sarà la prima delle due scene post-credits: vi lascerà a bocca aperta, forse valendo anche da sola il prezzo del biglietto.
L’hype per Avengers 4 cresce sempre di più. Prossima tappa: 8 marzo 2019 con Captain Marvel.
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