Diciamoci la verità: qualcuno sentiva la mancanza di un film dedicato ai Predator, soprattutto dopo l’inconsistente (seppur discreto) Predators del 2010 con protagonista Adrien Brody?
Tendenzialmente… no, MA se dopo otto anni Shane Black decide di prendere in mano un progetto del genere, forse la speranza di vedere qualcosina di nuovo in questa Hollywood che tra remake e reboot pare aver smarrito la vena creativa, c’è. Sarà riuscito a portare una ventata d’aria fresca al franchise di Predator? Scopriamolo.
The Predator è la storia del cecchino McKenna (Boyd Holbrook), che dopo essere venuto a contatto con un Predator (per l’appunto) viene fatto passare per pazzo e messo insieme ad un gruppo di ex-marine con più di qualche rotella fuori posto, ma non prima di essere riuscito a spedire di soppiatto al suo domicilio alcuni oggetti alieni, come prova del contatto. Come di consueto qualcosa in una base militare non andrà per il verso giusto e i nostri (anti)eroi saranno portati ad unirsi alla scienziata Casey Bracket (Olivia Munn) con conseguenti fughe ed inseguimenti.
È bello, sin dalle prime, credere che McKenna possa essere identificato come la testa calda di questo gruppo improvvisato, ma non appena si fa la sua conoscenza ci si rende conto di quanto in realtà sia il più “normale”… e di quanto ci sarà da divertirsi! Nebraska (Trevante Rhodes), Coyle (Keegan-Michael Key), Baxter (Thomas Jane), Lynch (Alfie Allen) e Nettles (Augusto Aguilera) sono tutti caratterizzati quanto basta per renderli “follemente amabili”, con interazioni non banali e costruite col giusto criterio che una pellicola del genere richiede.
Si ride molto e di gusto (il paragone Predator/Whoopi Goldberg forse sarà scontato, ma a me fa scompisciare). Si ride perché la giusta dose di trash volontario, unita al sapore anni ’80/’90 che inebria il tutto, erano quello che ci voleva per dare nuova linfa al franchise. La storia, inoltre, al contrario del suo già citato predecessore fornisce collegamenti concreti e forti con i primi due film, riuscendo a dare una nuova direzione alla saga e ad espanderla, dopo quasi 30 anni (ovviamente senza contare i due spin-off/crossover con la saga di Alien).
C’è anche un bambino, McKenna Junior (Jacob Tremblay), e contrariamente a quanto visto in film come Iron Man 3 (chi non ha odiato quel bambino?), Shane Black e soci hanno scritto il personaggio in maniera tale da renderlo funzionale alla trama, inserendolo perfettamente in un contesto se vogliamo “attuale” e per nulla scontato. Ricapitolando, abbiamo un manipolo di scalmanati capitanato da un Boyd Holbrook ormai pronto per recitare nel ruolo del protagonista, una bella Olivia Munn scienziata che non si limita alla parte della donzella da salvare, un bambino non fastidioso e ben incastrato nelle dinamiche della trama, cosa manca?
Beh sì, mancano loro, i Predator, e questa volta la posta in palio triplica con i cani-Predator e il “Super” Predator (non è uno spoiler, si vede anche nei trailer). Esagerato? No, in quanto tutti a loro modo risultano utili allo svolgimento della narrazione senza sembrare nuovi elementi buttati lì a caso: nuove figure che vanno ad ampliare con un micro-universo ormai stantio, che aveva bisogno di nuove accelerate narrative, ed è ovviamente grazie a loro che la pellicola si macchia di rosso, molto rosso, con sangue a fiumi che schizza in ogni dove. Fermi tutti, non si sta descrivendo un film splatter, ma determinate storie richiedono richiedono la giusta dose di sangue e in questo caso non manca affatto (capito, Venom?).
Naturalmente non si sta parlando del Quarto Potere della fantascienza, tutt’altro, e non mancano le solite piccole forzature di sceneggiatura, unite ad una CGI che con le new-entry aliene non può replicare l’ottimo lavoro di make-up fatto con il Predator “originale”. Insomma, bene ma non benissimo.
Ma ciò che la fa fare fuori dal vaso al film è il finale: pardon, non il finale, ma un’ultima scena che dal simpatico trash volontario scade tutt’a un tratto nella tamarraggine alla Asylum (no vabbè, forse ho esagerato). È lampante l’intenzione di creare un solido ponte per eventuali sequel, e ci sta… ma probabilmente c’erano anche altri modi per farlo, ed è lecito avere il dubbio che tale idea possa non essere frutto della mente del regista, quanto piuttosto dalla produzione.
La regia di Shane Black riesce in una buonissima gestione dei tempi e, salvo piccole sbavature, se la cava molto bene anche nelle scene d’azione e di combattimento, inserite in una doppia ambientazione città/foresta che contribuisce anch’essa a creare nel suo piccolo un senso di novità. Menzione particolare va inoltre alle musiche, vivaci e sempre pertinenti, in grado non solo di dare ritmo all’intera pellicola, ma anche il giusto slancio in determinate sequenze.
Insomma, The Predator è nient’altro che un B-movie girato come si deve, con il giusto concentrato di trashume, azione, sangue e ironia, una sceneggiatura che oltre a riservare qualche piccola sorpresa punta anche a dare un senso di innovazione al franchise ed un gruppo di protagonisti talmente idioti e caciaroni che è impossibile non affezionarcisi (certo, chi più chi meno). Ma il suo pregio principale è senza dubbio quello di non prendersi sul serio.
Nonostante tutto il film sta dividendo critica e pubblico, e in tutta sincerità le motivazioni di queste spaccature mi sono piuttosto oscure. Dubito le aspettative fossero chissà quanto alte, quindi sul serio: cosa diavolo ci si aspettava dal quarto capitolo di una saga che aveva quasi completamente perso il suo smalto?
Avanti tutta Shane! Avanti tutta schifosi mostri alieni!
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