La serie di Stone e Parker anche per questa stagione ripropone la stessa formula adottata in quella precedente, ossia non puntate puramente autoconclusive, ma tutte facenti parte di un’unica grande storia. E’ di certo un sistema che siamo abituati a vedere più nelle serie tv classiche che non in quelle animate, ma funziona e ha portato una ventata di novità in South Park che, nonostante i quasi 20 anni sulle spalle, continua a mantenersi su livelli qualitativi piuttosto alti.
In questa stagione 19 qualcosa ha sconvolto le “pacifiche e tranquille” vite degli abitanti di South Park: il politically correct è arrivato a dettar legge sotto forma del nuovo preside della scuola, Preside PC appunto, un tipo palestrato e con sempre indosso degli occhiali da sole, sempre pronto ad azzannare alla gola (in senso metaforico) chiunque non rispecchi i suoi canoni morali. Ben presto in città arrivano tanti altri come lui e formano una confraternita in pieno stile college americano. L’intera città, a partire da Randy Marsh, inizia pian piano a convincersi che forse è arrivato il momento di cambiare, che hanno seguito sempre una condotta sbagliata e che è finalmente arrivato il momento di dimostrare all’America il proprio valore, in primis aprendo un Whole Foods e rimodernando i quartieri più degradati della città, ossia la zona della casa di Kenny, con ristoranti raffinati (e molto hipster), loft e ville. Quest’improvvisa ondata di cambiamenti, però, nasconde qualcosa di molto più sinistro e subdolo di quanto non si immagini.
Stavolta, quindi, viene presa di mira principalmente la forte tendenza all’indignazione di questi anni, soprattutto per piccole sciocchezze come il modo di pronunciare alcune parole, che il Preside PC non esita spesso a definire “micro-aggressioni”. Si evidenzia anche come, chi si pone a difensore di una certa morale e protettore dei diritti delle minoranze, si possa poi rivelare aggressivo con tutti gli altri, imponendo il proprio modo di pensare con violenza.
South Park non perde quindi la propria natura, che consiste nell’utilizzare immagini forti e concetti portati all’estremo per scioccare lo spettatore facendolo ridere, ma anche riflettere molto. Solo che in questa stagione forse è mancato quel tocco di genialità in grado di farmi davvero cadere dalla sedia per le risate, soprattutto se consideriamo la precedente stagione 18 che ha inanellato un capolavoro dietro l’altro con episodi del calibro di “Grounded Vindaloop” e “Cock Magic”. La ragione secondo me è da ricercare probabilmente nell’aver messo troppa carne al fuoco: oltre la questione di base del politically correct vengono tirati in ballo un sacco di altri argomenti tra i quali l’immigrazione, il terrorismo, gli hater sui social network e le pubblicità in una maniera meno omogenea di quanto la serie ci abbia abituato a vedere di solito e inseriti in una storia generale dagli intrecci troppo complessi.
Certo non sono mancate delle scene memorabili come tutti i video promozionali dei nuovi quartieri di South Park, specialmente il SoDoSoPa che è costruito attorno a casa di Kenny (vi lascio una clip in fondo alla recensione) oppure il tormentone più bello di questa stagione “Do you ride your tiny bicicleta to school?”, che Cartman costringe a ripetere nella puntata You’re Not Yelping al figlio di un ristoratore messicano per il proprio sollazzo, minacciando in caso contrario di dargli solo una stella su Yelp (un sito come Trip Advisor). Le puntate che però ho trovato più divertenti in assoluto sono Tweek x Craig e Safe Space. Nella prima i due ragazzini si ritrovano protagonisti di disegni Yaoi da parte delle ragazze asiatiche e questo causa tutta una serie di equivoci, evidenziando inoltre l’atteggiamento un po’ ipocrita della società contemporanea verso i gay, che qui si vedono ricevere soldi e favoritismi solo per il fatto di essere tali (anche se poi Tweek e Craig non lo sono davvero). In Safe Space vediamo invece Butters incaricato dal Preside PC di rimuovere tutti i commenti negativi dai social di Cartman (dove posta foto a petto nudo e giustamente gli dicono che è un ciccione) e in seguito di tante, troppe altre persone tra cui anche VIP come Demi Lovato, Vin Diesel e uno spassosissimo Steven Seagal (quest’ultimo per gli stessi motivi di Cartman). Il finale di questo episodio è sicuramente quello che ho trovato più profondo e d’effetto.
Tutta la stagione è inoltre costellata da bellissime canzoni originali come “Where’s My Country Gone?”, “Boogers and Cum” e “In My Safe Space”, che vanno ad aggiungersi al vasto repertorio di inediti di South Park: Stone e Parker hanno dimostrato di tenerci molto all’elemento musical, sempre trattato in maniera comunque parodistica e mai fastidioso.
Tornando un secondo alla trama, il finale di questa stagione 19 è un enorme colpo di scena che per alcuni versi mi ha ricordato il film “The Worlds’ End” di Simon Pegg e Nick Frost, e lascia la storia aperta a futuri sviluppi. Dobbiamo supporre dunque che la stagione 20 sarà direttamente collegata a questa, apportando un’ulteriore novità negli schemi di South Park. A questo punto spero (anche visto l’importante traguardo) che sarà qualcosa di memorabile, giustificando questo leggero calo di trovate come preparatorio per i veri fuochi d’artificio.
Questa stagione è disponibile gratuitamente (in lingua originale) sul sito ufficiale di South Park:
http://southpark.cc.com/full-episodes/season-19
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