Immaginate di fare un sogno: uno di quei sogni di cui appena svegli si riesce a ricordare solo i colori, qualche suono, ma soprattutto l’atmosfera, le luci e le ombre. Immaginate di svegliarvi, forse un po’ inquieti, e di ripensare al sogno appena fatto: Shinji Ikari e Rei Ayanami di Evangelion – ulteriormente deformati e stravolti dalla nebbia onirica – si muovono in Metropolis di Fritz Lang nascondendosi dallo sguardo del gigantesco occhio del Grande Fratello.
Questa potrebbe essere una stringatissima sintesi di Mother Cosmos, eccentrico capolavoro di Minoru Sugiyama, ma dietro questo intricato labirinto in bianco e nero c’è davvero molto, molto di più!
Descrivere Mother Cosmos in due parole non è possibile: raccontarne la trama significherebbe minimizzarlo e tentare di rinchiudere il suo universo in un contenitore fin troppo stretto.
La storia di Satoru e di Schop, due “dig” (cercatori di reliquie tecnologiche) che si mettono alla ricerca della loro amica Paula, dispersa dopo essersi avventurata in territori troppo pericolosi anche per i dig più esperti, non è solo la loro storia, ma anche quella della scoperta di un mondo simile eppure completamente diverso dal nostro, e delle sue origini. Il mondo in cui i nostri eroi, poco più che adolescenti, si muovono è difficile: è un mondo post-apocalittico sopravvissuto al “Grande Cambiamento“, in cui risuona l’eco dell’avanzatissima civiltà che lo popolava in tempi remoti, ma in cui l’unica cosa rimasta sono relitti, gigantesche creature biomeccaniche e sterminati deserti costellati da antiche città in rovina.
La ricerca di Paula porterà Satoru e Schop molto più in là del previsto. A cavallo di Struzzo e Lupo, due “macchine viventi” create dalla tecnologia bionica dell’antica civiltà, i due dig arrivano a Gargoyle City, città abbandonata e popolata apparentemente solo da gargoyle biomeccanici, in cui salvano Key, una ragazza che sembra essere stata ibernata da chissà quanto tempo. È a questo punto che si ritrovano alle calcagna le forze speciali dell’Impero, iniziando una fuga che li porterà davanti a scenari che di terrestre hanno ben poco.
Incontreranno creature colossali come i giganteschi Bridge Men, “uomini ponte” simili a enormi scarafaggi, ma anche mutanti e creature geneticamente modificate come i Bird Men, razza di schiavi umanoidi incrociata con uccelli, eredità della tanto “evoluta” (quanto evoluta, se è stata capace di progettare creature nate per essere schiave?) civiltà scomparsa.
Gli incontri si fanno sempre meno casuali e sempre più portatori di verità circa la rinascita del mondo dopo il Grande Cambiamento. Creature mastodontiche e solenni come le Centrali Elettriche ad Amore Materno, l’imponente Mother Bacon e la “onnicomprensiva” Mother Cosmos, a metà tra l’essere personaggi ed elementi architettonici, richiamano l’universo e l’aureo tempo del mito e contemporaneamente un futuro distopico indefinito e incomprensibile.
Farsi coinvolgere dalla sfrenata catena di eventi che investe Satoru e i suoi amici risulta davvero facile nonostante la velocissima dinamica narrativa, a tratti piuttosto faticosa da seguire.
Il primo impatto con questa giungla di architetture “biorobotiche” che è Mother Cosmos è spiazzante. Lo stile di Sugiyama è davvero difficile da definire, vista l’infinità di richiami e riferimenti al mondo dell’arte e del fumetto sia orientale sia occidentale, ma questa ricerca non stupisce considerando l’ecletticità dell’autore, che va a riflettersi sia sull’estetica del fumetto che sulle sue dinamiche narrative.
I campi in cui si muove la carriera artistica di Sugiyama vanno dall’animazione alla scultura, dall’illustrazione al fumetto, e quest’eterogeneità di interessi riverbera in molti aspetti di Mother Cosmos, in cui è possibile intravedere le atmosfere cupe del cinema europeo di inizio Novecento che interagiscono senza stonare con enormi mecha in stile Gundam, dinamismi e umanoidi degni di Druillet e architetture fantastiche e prospettive aeree chiaramente ispirate a Moebius. Insomma, la tradizione della Nona Arte orientale si intreccia indissolubilmente con quella occidentale, portando alla luce affinità inimmaginabili e prospettive distopiche radicate in ogni cultura.
Il complesso disegno filosofico che emerge una volta usciti (letteralmente! Chi leggerà il volume capirà…) da Mother Cosmos è originale ed elaborato: sfogliata l’ultima pagina si ha la sensazione di aver sperimentato un matrix senza ritorno, una realtà alternativa e possibile che potrebbe germogliare sul pianeta Terra, o che forse è destinata a rimanere solo nella mente e nel sonno del lettore.
Un ringraziamento speciale a Star Comics
Cinque canzoni per cavalcare le “macchine viventi” assieme a Satoru e immergervi ancora di più nel mondo di Mother Cosmos:
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