Dylan Dog – Color Fest 16

Inevitabile incipit di questo nuovo intervento consiste nelle scuse per l’assenza oltre che per il clamoroso ritardo. Fortunatamente c’ha pensato il buon Nessuno a dirvene 4 sull’ultima uscita; per farvi capire, io ancora non la leggo, e ho dato precedenza a quest’albo (e la darò al nuovo Old Boy, cosa che forse avrei fatto comunque per vedere cos’ha combinato stavolta una mia vecchia conoscenza, lady Porretto) affinché voialtri mi possiate leggere. Ma quanto vi voglio bene?
Bando alle ciance.dyd color fest 16
Il nuovo Color Fest è foriero di novità: basta prenderlo in mano per sentire che è più leggero, non so se per la carta, che Rrobe ci notifica nell’editoriale essere diversa, o per il fatto che le storie sono solo 3 stavolta (ognuna interamente sceneggiata e disegnata dal rispettivo autore), probabilmente per ambo i motivi. Le novità di questo formato non finiscono qui: pare che d’ora in poi potremo trovarci di fronte a storie lunghe, come nel caso del prossimo numero, che sarà composto appunto da una soltanto (scritta dalla Barbato, vale la pena di notificarvelo a volo), o molto brevi. Insomma, quello che succedeva nel “dylandogone”. E’ una scelta che mi trova abbastanza favorevole: dividere un albo in 4 parti uguali potrebbe essere limitante per gli sceneggiatori, e sappiamo che il bello di Dylan è proprio la sua versatilità.
Venendo alle storie, il titolo, “Tre Passi Nel Delirio”, è alquanto azzeccato. Le trame, se di trame si può effettivamente parlare, sono accomunate da una follia kafkiana di fondo, in una parabola qualitativa, parere di chi scrive, purtroppo discendente, e mi permetto di aggiungere che la cosa riguarda anche i disegni.
Si comincia infatti alla grande con “Sir Bone – abiti su misura”, in cui scopriamo le origini del vestiario dell’indagatore. Non solo le pagine nere e gli inquietanti personaggi protagonisti dello scenario descritto contribuiscono a creare un’atmosfera realmente coinvolgente ed allucinata, ma soprattutto i disegni, pervasi da un non so che di macabro e insano, testimone il pallore del nostro eroe, che all’inizio quasi non riconoscevo (vorrei potervi descrivere meglio il tutto perché lo stile del disegnatore mi ha veramente colpito, ma come amo sottolineare, non sono preparatissimo nel settore). Il teatrino degli orrori che ci viene proposto ci catapulta sul filo del rasoio, come se da un momento all’altro dovesse succedere qualcosa di veramente, veramente raccapricciante, ma forse l’effetto desiderato è mostrarci l’orrore con una disinvoltura tale che a malapena ci rendiamo conto del baratro folle in cui Dylan si trova. Impossibile poi non notare la strizzata d’occhio alla critica al consumismo, nella migliore tradizione sclaviana.
Un ulteriore parallelo tra passioni umane e mostruosità oniriche pervade la seconda storia, “Grick Grick”, dove Dylan e la sua bella ricevono la visita inattesa di un bizzarro e apparentemente innocuo demone, che volente o nolente condiziona però i rapporti amorosi dei due; il finale svela in parte il possibile senso dell’operetta, lasciando pur spazio all’ambiguità e alla libera interpretazione, cosa che non dispiace. Ciò che invece mi è decisamente dispiaciuto è il tratto del disegnatore: credo si tratti di qualcuno che ha già disegnato diverse volte per DyD, in quanto mi è risultato alquanto familiare, ma in qualche modo poco piacevole alla vista, semplicemente, a causa dei tratti troppo poco realistici: naso e orecchie esageratamente a punta, lineamenti troppo ossuti (d’accordo che Dylan tenda al magro ma qui ci avviciniamo alla tossicodipendenza acuta) o troppo rotondi e anonimi. Gusti, senza dubbio, ma chi è cresciuto con Roi, Brindisi, Montanari & Grassani, Casertano e Piccatto non può non storcere il naso nel vedere quello che potrebbe essere un Dylan Dog BRUTTO.
Ma è nella storia successiva, “Claustrophobia”, che forse IL PIU’ BRUTTO Dylan fa la sua apparizione, o dovrei dire sparizione? In effetti, l’intera storia altro non è che un flusso di pensieri del nostro eroe bloccato in un pozzo per motivi che resteranno sconosciuti. Si apre quindi un viaggio nella sua mente stile esame di coscienza che lo porta a rielencare da un lato alcuni procedimenti di costruzione del galeone, dall’altro una valanga di nomi femminili, elenco dei suoi trascorsi amori, stratagemmi (a voler essere cattivi, ma è impossibile non esserlo) per riempire tavole: disegnini semplici ai limiti di un libretto d’istruzioni dell’Ikea nel primo caso, nomi su nomi ammassati sulle mattonelle del pozzo nel secondo. Le cose vanno meglio quando Dylan per la fame trangugia un fungo: ha inizio una breve visione sulla fine del mondo che si lascia apprezzare per le sfumature di colore e per la visionarietà. C’è altro da dire? In realtà no: nessuna spiegazione sulla presenza del signor Dog nel pozzo, né il minimo accenno a una risoluzione. Certamente va bene così, perché è chiaro che ci troviamo di fronte ad un esperimento, a un chiaro intento di rottura di qualsiasi schema narrativo in favore del “delirio” che leggiamo nel titolo. Riuscito o meno? Non lo so… Io mi sono annoiato abbastanza e, ripeto, trovo i disegni assolutamente poco godibili, ma mi rendo conto che alla base di quanto detto c’è un margine di soggettività non irrilevante, quindi dovessi dare un voto a questa storia forse svicolerei in un paraculissimo “s.v.”.
In conclusione una pubblicazione non riuscitissima inerentemente ai disegni, che in un albo a colori sarebbe d’obbligo fossero più curati; giudizio invece complessivamente positivo circa il tentativo di stupire e destabilizzare il lettore medio di Dylan Dog, che si suppone essere aperto mentalmente, più del sottoscritto, potremmo aggiungere. Occhio però a non confondere l’apertura mentale con quella del fondoschiena, perché l’ultima storia lascia veramente l’amaro in… ehm, in bocca… facciamo che è il funghetto allucinogeno.
Per ora è tutto dai Dylan’s Dogs, ci sentiamo presto per i nuovi albi!

Dolan Dox

The Dylan's Dogs Articoli
4 cagnacci rognosi al seguito di Mr. Dog pronti a parlare con voi d'orrore, d'amore, d'umore, d'autore, di fantasia, d'irrealtà, di sogni, incubi...

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