Siamo ormai a fine decennio, è tempo di tirare le somme degli anni andati ed è innegabile che in ambito videoludico la scintilla della rivoluzione sia partita da Demon’s Souls, facendo poi scoppiare quel vero incendio del cambiamento chiamato Dark Souls. La trilogia della software house nipponica FromSoftware, ormai elevata senza troppa ironia a oggetto di culto, ha generato quello che viene ora riconosciuto come un vero e proprio genere a sé stante: il soulslike.
Questa tipologia di giochi ha attirato con la sua formula punitiva, ma estremamente soddisfacente, tanti sviluppatori pronti a riprodurne il sistema in maniera più o meno fedele. Ed è proprio in questa categoria che rientra Immortal Planet, creato dallo sviluppatore indipendente polacco Tomasz Waclawek, che per l’occasione ha radunato attorno a sé un piccolo team che risponde al nome di teedoubleuGAMES.
Waclawek è un amante della saga di FromSoftware e il suo Immortal Planet vuole essere un tributo a quest’ultima. La sua intenzione è talmente poco velata che oltre a riprendere stilemi narrativi e sistema di progressione, talvolta ritroveremo anche denominazioni di luoghi già familiari e soluzioni di level design viste nel primo, glorioso, Dark Souls. Uno degli esempi più lampanti è proprio una delle prime aree di gioco: gli Archivi (non del Duca però); in questa location ci saranno delle passerelle invisibili da scovare per procedere nell’esplorazione, come accadeva con la Grotta di Cristallo (guarda caso due luoghi contigui in Dark Souls).
Questa produzione però non è (solo) uno spudorato copia-incolla della saga di Hidetaka Miyazaki, infatti riesce a rielaborare i capisaldi del genere in uno stile nuovo, grazie anche alla visuale isometrica; inoltre, le ambientazioni abbandonano il dark fantasy medievale per gettarsi in un futuro decadente. In questo particolare, Immortal Planet ricorda molto più un altro figlio dei Souls, The Surge, ma rimane estremamente lontano dai suoi numerosi tecnicismi e dal particolare sistema di loot dell’equipaggiamento.
In questo lontano futuro ci ritroviamo ad impersonare un misterioso robot su un pianeta ghiacciato. Al nostro risveglio, privi di memoria come in ogni soulslike che si rispetti, dovremo fronteggiare altri robot redivivi privi dell’intelletto, oltre che della memoria. L’incedere della narrazione sarà scandito dalla costante esplorazione, nonché dalla curiosità del giocatore che verrà costantemente premiata, vista la presenza di importanti tasselli di lore ovunque, persino nelle descrizioni dei vari parametri potenziabili. Di tanto in tanto qualche essere senziente farà chiarezza su questo mondo oscuro, ma la narrativa tende ad essere generalmente semplice e scontata, data anche la natura di omaggio verso una saga ben più famosa. Questa scelta sa di occasione sprecata purtroppo, preferendo una riproduzione abbastanza pigra a una lore che poteva essere decisamente più originale.
Al risveglio del nostro avatar si potrà scegliere tra 3 diverse armi e 3 doni differenti, una sorta di semplice build che andrà a personalizzare, in verità in maniera più incisiva rispetto a molti altri soulslike, l’esperienza di gioco e l’approccio ai numerosissimi combattimenti. Ogni arma avrà due modalità d’attacco: una standard e una “Risvegliata” che ne cambierà potenza e moveset in maniera più o meno drastica. Ho gradito molto quest’idea, mutuata peraltro da Bloodborne, peccato però che qui sia resa inutilmente complicata da utilizzare.
Sarebbe stato molto interessante poter switchare tra le due forme dell’arma a piacimento con la pressione di un singolo tasto, anche durante il combattimento volendo, invece per poter risvegliare l’arma si dovrà tenere premuto il tasto d’attacco, e al risveglio si eseguirà automaticamente un attacco potente che cambierà la natura dell’arma; per far tornare l’arma alla normalità dovremo nuovamente tenere premuto il pulsante d’attacco, stavolta però senza attivare nessuna azione contestuale. Questa scelta rende il combat system “asimmetrico” e porterà spesso il giocatore a preferire l’approccio con l’arma base, o ad utilizzare la sua forma secondaria solo per un potente attacco a sorpresa. A peggiorare la situazione si aggiunge anche la scelta di affidare l’attacco principale a un singolo tasto, andando totalmente a eliminare un qualsiasi sistema di combo o di alternanza di attacchi tra leggeri e pesanti.
Al combattimento all’arma bianca si affiancherà anche un sistema di magie e oggetti controllabili coi tasti dorsali. C’è da ammettere che questa feature rende il combattimento più interessante e divertente: la varietà di queste alternative all’arma principale infatti andrà a variare l’approccio ai combattimenti, i nostri incantesimi infatti potranno di volta in volta diminuire salute, vigore o fare costanti danni ad area, gli oggetti invece passano da armi da fuoco in grado di allontanare i nemici più piccoli a consumabili che potenzieranno temporaneamente il nostro protagonista. Tutto questo però rientra in uno stile di gioco ben poco dinamico, talmente meditativo da risultare eccessivamente lento in alcuni frangenti. I nemici infatti riusciranno con ben poca difficoltà a stordire il nostro avatar o a inserirsi nelle sue combo, nella quasi totalità dei casi quindi la scelta più saggia sarà non attaccare mai apertamente, ma attendere sempre l’offensiva avversaria e contrattaccare.
Uno dei punti chiave dei soulslike è quello di fornire una sfida sempre crescente al giocatore, ma in Immortal Planet questo purtroppo non accade. Continuando ad esplorare questo pianeta gelido e desolato sarà possibile collezionare una quantità sempre crescente di fiaschette di salute e ad un certo punto la possibilità di curarsi a piacimento sarà tale da ridurre drasticamente il livello di sfida, rendendo il titolo paradossalmente più semplice nelle battute finali che all’inizio; una delle sensazioni peggiori è stata l’insoddisfazione nel battere il boss finale, che ha richiesto molti meno tentativi del primo boss, molto più interessante da sfidare e studiare per impararne il pattern d’attacco.
In questa rottura degli equilibri rientra anche il sistema di progressione: si possono aumentare le statistiche grazie ad un numero di punti sempre crescente tramite il POD, il corrispettivo dei falò nell’universo di Immortal Planet, solo che il divario tra i punti ceduti dai nemici e quelli necessari a livellare sarà sempre minore, permettendo quasi di essere fin troppo livellati per l’area di gioco da affrontare. In ogni ciclo di morte e rinascita però il nostro protagonista potrà anche perdere i propri punti faticosamente guadagnati, qualora non fosse in grado di recuperarli sul luogo della propria precedente morte morendo nuovamente prima di recuperarli o facendo passare troppo tempo prima del recupero.
Dal punto di vista artistico ho trovato il titolo decisamente povero. La grafica cartoon con contorni neri netti e molto marcati è sicuramente piacevole, ma i limiti della mappa sono appesantiti da infiniti spazi neri che danno un’impressione fin troppo retrò, forse accettabile un paio di generazioni fa, ma estremamente anacronistica anche per una produzione indipendente nel 2019.
Il comparto sonoro fa un buon lavoro con effetti come quelli di passi e colpi, ma la nostra avventura sarà silenziosa per la quasi totalità dell’esperienza, relegando la colonna sonora solo a momenti salienti come le boss fight, e lasciandoci soli col rumore dei nostri passi che rimbombano per il resto dell’avventura. Per quanto riguarda il comparto tecnico invece, questa recensione è stata realizzata sulla versione PS4 del titolo, giocata su PS4 Pro: il gioco non si è mai lasciato andare a incertezze o rallentamenti, caricamenti a parte, che talvolta impiegano un po’ più del dovuto soprattutto quando si accede ad una nuova area di gioco.
Immortal Planet ha sicuramente tra i suoi punti forti l’esplorazione, grazie soprattutto alla continua interconnessione delle mappe, capace di sorprendere con shortcut che collegano tra loro zone lontanissime e creano un ambiente di gioco coerente. Alla ben riuscita esperienza di esplorazione, però, si affiancano una direzione artistica sottotono e un combat system inutilmente lento e complesso, che fornisce un tasso di sfida decrescente procedendo nell’avventura.
Questi difetti, uniti ad una storia che vuole essere un omaggio, ma si ritrova invischiata in stilemi narrativi ormai talmente classici da essere facilmente prevedibili, rendono Immortal Planet una produzione poco brillante, consigliata solo ai fan accaniti dei soulslike, che non possono fare a meno di provare ogni titolo appartenente al genere. Per tutti gli altri, purtroppo, è tranquillamente evitabile.
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