Il ripescaggio di vecchi classici (Disney e non) è la diretta conseguenza dell’assoluta mancanza di creatività che sembra aver colpito Hollywood negli ultimi anni. Fortunatamente però, dopo l’ennesimo Peter Pan e l’ennesima Cenerentola, arriva un live action di cui sentivamo davvero bisogno: Il Libro Della Giungla.
Ti bastan poche briciole, lo stretto indispensabile e i tuoi malanni puoi dimenticar! – quanti di voi hanno letto queste parole cantando? Il regista Jon Favreau (Iron Man e Iron Man 2) è rimasto fedelissimo alla versione del 1967, a cominciare dalla storia fino alle ambientazioni, ai personaggi e addirittura alle canzoni. Allora perché spendere dei soldi per vedere qualcosa che tutti abbiamo già visto? Semplice, perché tornare bambini per una sera non fa male a nessuno.
..Non vi basta come motivazione, vero? Allora diciamo che quest’ultimo tentativo di portare il romanzo di Rudyard Kipling sul grande schermo è un vero e proprio trionfo di effetti speciali e di CGI che mai sono apparsi così realistici all’occhio dello spettatore; la storia è quella della versione animata del 67, arricchita però da elementi gotici (presenti nel romanzo) e da una giungla più realistica -spaventosa- dove il sentore di minaccia è dietro ogni angolo. Già dai primi secondi di film, la bambina che è in me è riuscita a stento a trattenere l’emozione: la stessa musica introduttiva e la stessa grotta del cartone animato erano lì, insieme alla lupa Raksha e ai suoi cuccioli. Non abbiamo il tempo di realizzare che questa famigliola è in CGI (poichè l’interazione tra Mowgli e i cucciolotti è assolutamente realistica) fino all’arrivo di Bagheera, un po’ pantera che vedi nei documentari, un po’ Salem (il gatto di Sabrina). Dico subito che è evidente il lavoro straordinario che c’è stato dietro l’antropomorfizzazione dei nostri eroi e che Bagheera è l’unico elemento che durante il film mi ricorda che Neel Sethi (Mowgli) sta parlando da solo davanti ad uno schermo blu. C’è da dire che la nostra pantera non è stata aiutata nemmeno dal doppiaggio (che in film come questo, rappresenta il 70% della buona riuscita del prodotto finale), ma su questo punto tornerò più avanti. Mowgli è stato trovato abbandonato nella giungla 10 anni prima da Sal…Bagheera, che lo ha portato dalla lupa Raksha consapevole del suo istinto materno; così il bambino vive anni sereni insieme al branco di lupi, fin quando non viene preso di mira dalla tigre Shere Khan, piena di rancore nei confronti dell’uomo dopo essere stata sfregiata in viso con una torcia infuocata da uno di loro. Quando Baghera e i lupi comprendono la situazione di pericolo, con il consenso di Mowgli, la pantera lo conduce verso il sentiero che porta al villaggio dell’uomo, perché solo lì potrà essere al sicuro. Neel Sethi, per la prima volta sul grande schermo, rappresenta una nuova generazione di attori: in un’intervista all’Indipendent racconta di come si sia divertito ad essere l’unico attore in carne ed ossa sul set.
“Non siamo andati davvero nella giungla”, dice Sethi. “Ero a New York – dove vivo – e qualche volta a Los Angeles. Il set era uno schermo blu, quindi non c’era bisogno della giungla. Tuttavia, tutto ciò con cui interagivo o toccavo era davvero lì: c’era lo sporco, il fango e la terra” […] “C’erano dei pupazzi che mi hanno aiutato, non erano solo palle da tennis con cui stavo cercando di mostrare emozione”. “Quando l’animale era triste, il pupazzo abbassava la testa. Ogni tanto Jon (il regista) si travestiva e ciò mi ha facilitato di molto il lavoro”.
Mowgli, durante il suo lungo viaggio verso il villaggio dell’uomo, fa la conoscenza dei nostri eroi nello stesso ordine temporale in cui li incontra nel cartone animato. Prima Kaa, l’enorme pitone che lo incanta con il suono della voce (la sensuale Scarlett Johansson nella versione originale) e con il racconto delle sue origini: la luce cambia, l’atmosfera diventa più tetra e ci viene regalato un momento di altissima tensione, interrotto da colui che è stato uno dei nostri personaggi preferiti durante l’infanzia e il più atteso dai bambini (e da me) in sala, Baloo! Reduce da The Revenant, all’inizio ho provato un po’ di ansia nel vedere questo dodicenne gracilino ridere e scherzare con un orso alto tre volte più di lui: anche qui, come nel caso dei lupi, di Kaa e di Sheer-Kan, il risultato grafico è ottimo. Non voglio spoilerarvi troppe cose, per cui vi parlerò dell’unica scena che già conoscete, ovvero la nuotata di Mowgli sulla pancia di Baloo. Sono rimasta davvero colpita dalla cura dei dettagli che Favreau ha dimostrato di avere nella realizzazione di questa sequenza: Mowgli sta sulla pancia dell’orso che intona Lo stretto Indispensabile, poco prima di essere catturato da due scimmie nello stesso identico modo in cui accade nel cartone animato. Decisamente un momento che ha strappato il sorriso a tutti gli spettatori! Bagheera, che durante un incidente di percorso (il più visivo di tutto il live action) perde di vista il ragazzo, si riunisce a lui e a Baloo proprio nel momento in cui Mowgli viene portato al cospetto di Re Luigi. Anche qui è tutto perfetto, a partire dall’architettura del maestoso tempio delle scimmie, fino alla fuga finale (altro momento di tensione realizzato magistralmente). Re Luigi, a cui hanno lasciato il nome originale King Louie, è un gorilla dalle dimensioni non presenti in natura, il cui intento è scoprire il segreto che secondo gli animali della giungla rende l’uomo così grande e pericoloso: il fiore rosso (il fuoco). Mentre rivela i suoi desideri a Mowgli, intona la canzone che noi tutti ricordiamo, I’m the king of the swingers, the jungle V.I.P e nonostante la difficoltà di modellare la lingua italiana su un ritmo swing, la nostra versione regge benissimo il confronto con l’originale (cantata da Christopher Walken).
Come ho detto all’inizio della recensione, in un film in cui i protagonisti sono animali parlanti, il doppiaggio deve fare uno sforzo in più del solito per garantire il successo della pellicola; per quanto riguarda la sezione VIP, Violante Placido ha fatto un eccellente lavoro nell’interpretare la territorialità e l’amore verso i suoi cuccioli della lupa Raksha; Giancarlo Magalli, che torna a doppiare dopo 20 anni (il satiro Filottete in Hercules), anche questa volta si è dimostrato all’altezza del suo compito; Giovanna Mezzogiorno invece non riesce a tenere il confronto con la Kaa originale (Scarlett Johansson); Neri Marcorè bravissimo nel ruolo di Baloo. Unica nota stonata Toni Servillo che proprio non è riuscito a convincermi.
Con grande sorpresa dello spettatore, il finale è diverso da quello del romanzo e devo ammettere che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, prima di scoprire però che è in progetto la realizzazione di un sequel. Il messaggio finale, di entrambe le versioni, è un messaggio di integrazione: siamo tutti diversi l’uno dall’altro ed ognuno di noi utilizza le sue capacità per risolvere i problemi a modo suo. L’unicità deve essere una qualità di cui andare fieri e non fonte di imbarazzo.
Mowgli arriverà al villaggio dell’uomo? E se ci arriverà, quale sarà la sua decisione? Sconfiggerà Shere Khan, se sì, come? Scopritelo voi andando a vedere questo piccolo capolavoro al cinema!
Mi trovo d’accordo con la recensione, ho portato i miei due figli e si sono divertiti da matti 😀