Una famosa emittente televisiva adotta un povero orfano dandogli un tetto e un intero micromondo in cui crescere osservato da tutti. Con il tempo il programma, Fish Eye, perde sempre più di interesse nonostante i numerosi tentativi per risollevare l’audience, e proprio per questo è necessario un ultimo, grande e inaspettato colpo di scena: far morire il protagonista.
Questa decisione apre le porte a non pochi dibattiti a livello etico, che il lettore si vede riproposti nella propria mente: il programma “possiede” Travis e può scegliere per lui? Dove è la giustizia nell’attaccarlo in mondovisione rimanendo impuniti? Il protagonista non merita quindi di scoprire la verità fino alla fine? E così via. Perché proprio come Truman in The Truman Show, anche Travis non è consapevole di essere la star di uno show televisivo e tutta la sua vita è una grande bugia orchestrata da sceneggiatori e sostenuta dalla presenza di attori. Nessuno è davvero suo amico, nessuno lo ama per davvero.
Quindi come porre fine alla vita di Travis? Nel modo più scenografico ed eclatante possibile, imbastendo una storia riguardo a una nuova setta religiosa i cui adepti sono tutti interpretati da condannati a morte, spinti a recitare nel programma con la promessa della libertà. Com’è facile intuire, le cose non andranno come previsto dalla produzione e si avvierà una catena di eventi che costringerà Travis in un carosello di morte e vendetta.
Fish Eye non cerca di plagiare The Truman Show come potrebbe sembrare di primo acchito, anzi, ciò che fa è rendergli omaggio rendendolo parte integrante della realtà ideata da Massimo Rosi: lo sceneggiatore dipinge un mondo esattamente come il nostro, dove il famosissimo film con Jim Carrey esiste e proprio perché l’idea è sembrata vincente si è pensato di applicarla nella realtà.
E chi meglio poteva rappresentare questo circo mediatico e sanguinario se non Stefano Cardoselli? Come già visto in Herbert West, Rianimatore, Cardoselli è estremamente abile nel riuscire a illustrare atti di violenza estrema espliciti senza disgustare il lettore.
Il suo stile diretto, spigoloso, ben si presta all’atmosfera e ai personaggi delineati da Rosi, così che ogni elemento contribuisce a creare un fumetto coerente, forte nella trama e nel disegno, pieno di citazioni. Fish Eye è un fumetto intelligente e scaltro, che non dovrebbe assolutamente mancare nella libreria degli amanti di pulp, azione e anche horror.
L’unica pecca che mi sento di dover nominare per correttezza è la colorazione a cura di Simone Bertoni, che non sempre asseconda lo stile di Cardoselli, ma tende a smorzarlo, attenuando così atmosfere che invece avrei gradito leggere senza alcuna diluizione. È vero che un fumetto a colori è più commerciale e fruibile rispetto a uno semplicemente in bianco e nero, ma la colorazione è una vera e propria arte che non sempre riesce a centrare completamente il segno. Ciò non toglie che in linea generale Bertoni abbia fatto un ottimo lavoro, il mio unico pensiero è che il suo stile non sia completamente in linea con quello che emerge dai disegni.
Un ringraziamento speciale a Leviathan Labs
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