Mary Shelley – Cacciatrice di mostri

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È difficile scrivere di orrore, ancor di più rappresentarlo sotto forma di fumetto e dover condensare un racconto in poco più di un centinaio di pagine. Questo è il tentativo che contraddistingue i volumi della collana Aftershock di SaldaPress, di cui abbiamo già visto Unholy Grail e, più di recente, I fratelli Dracula. Non sempre però le cose vanno per il meglio, specialmente quando appunto si parla di figure già realmente esistite (nel folklore, nel caso di Dracula o Artù, o nel mondo reale per quel che riguarda la scrittrice Mary Shelley).

L’introduzione di Mary Shelley – Cacciatrice di mostri, scritta dalla sceneggiatrice Olivia Cuartero-Briggs, ci viene in aiuto per comprendere gli intenti degli autori: poiché il 2019 (quando il fumetto è stato pubblicato in America) avrebbe dovuto essere l’anno delle donne, l’idea era quella di valorizzare la figura di Mary Shelley andando oltre alle sue doti di scrittrice, ricordando il suo essere figlia della fondatrice del femminismo moderno Mary Wollstonecraft, la sua relazione aperta mentre era ancora sposata con il poeta Percy Shelley e il suo girovagare per l’Europa insieme al compagno, alla sorellastra e la donnaiolo Lord Byron, un quartetto negativamente rinominato dalla stampa come “lega dell’incesto e dell’ateismo”.

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Le premesse sembrano interessanti, ma vanno subito a infrangersi contro una narrazione troppo veloce che fa perdere qualsiasi connessione con i personaggi e con l’ambiente circostante. Gli autori provano l’espediente narrativo dell’ambientazione presente, con il ritrovamento di uno scritto inedito che tratta per l’appunto questa storia che stiamo per leggere, ma fatta eccezione per l’andamento ciclico e un finale molto telefonato, tutto ciò non serve a nulla se non a riempire una manciata di pagine.

La storia scorre velocemente anche al di fuori dell’espediente sopracitato: nessun personaggio viene approfondito e le dinamiche che si vengono a creare hanno l’amaro sapore di essere state forzate e descritte unicamente per far andare il racconto in una certa direzione. Non sono i personaggi che raccontano la storia, ma la storia che li ingabbia al suo interno. Persino i ragionamenti risultano troppo finzionali e al di fuori di ogni buon senso.

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Non potendo applicare a questi personaggi e alle loro azioni un normale pensiero, formulabile da qualsiasi essere umano medio, il tutto prende una piega talmente surreale da non arrivare a capire il perché recondito di qualsiasi cosa. Il lettore assiste impotente a un susseguirsi di eventi privi di emozione e scopo, non riuscendo mai a creare empatia né per i protagonisti né per l’antagonista (spesso quando si tratta di Frankenstein si tende ad empatizzare con il mostro).

L’unico vantaggio è che la narrazione, essendo così veloce, riduce la durata del calvario fino alla visione della parola “fine”. I disegni sono particolari, a volte più curati e a volte meno, con una colorazione che ogni tanto tende a essere incoerente con il contesto. Nella gallery, assistere ai bozzetti e alla costruzione dei personaggi è un piccolo piacere, però un fumetto non dovrebbe essere piacevole esclusivamente a livello visivo e il più delle volte senza una trama che lo sostenga fallisce nel suo obiettivo.

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Mary Shelley – Cacciatrice di mostri fallisce nel creare un’ambientazione horror in grado di smuovere un minimo l’animo del lettore od offrire quantomeno della suspense. Il fumetto, una volta terminato, purtroppo tende ad essere dimenticato facilmente: non dona praticamente nulla se non alcuni insegnamenti (quelli effettivamente ottimi, soprattutto a livello storico) riguardo alla situazione della donna nel diciannovesimo secolo, però si poteva fare molto di più.

Un ringraziamento speciale a SaldaPress

Nina-chan Articoli
Dolce, carina, coccolosa, sadica, affascinata dall'horror e dal creepy... insomma, gli opposti convivono in me. "Mani in pasta" ovunque con collaborazioni tra sceneggiature, recensioni, gestione di disegnatori ed autori, sono loro il mio mondo. Datemi libri, non fiori.

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