Rinnovarsi è sempre una grande sfida e il rischio di deludere le aspettative è costantemente dietro l’angolo. All’annuncio di Yakuza: Like a Dragon c’erano forti preoccupazioni: un cambio di protagonista dopo ben sette avventure principali in compagnia di Kazuma Kiryu e un combat system a turni al posto del classico beat ‘em up sono state le principali cause di questo scetticismo. Sarà riuscito il Ryu Ga Gotoku Studio capeggiato da Toshihiro Nagoshi nell’impresa di non deludere le aspettative dei fan?
L’incipit di gioco è piuttosto semplice. Nei panni di Ichiban Kasuga, un giovane yakuza orfano dei genitori e cresciuto dalla famiglia Arakawa, dovremo scontare quasi due decenni in prigione per impedire l’arresto di un nostro superiore. Una volta uscito, Ichiban scoprirà che i rapporti di forza tra i vari clan sono mutati considerevolmente e la realtà non è più quella di un tempo.
Nel corso della storia, che si articola in ben 15 capitoli per una durata di circa 45 ore, il nostro protagonista farà la conoscenza di molti personaggi che andranno a comporre il suo party durante gli scontri. La scrittura dei soggetti, con tutte le loro sfaccettature, rimane uno dei punti forti della serie, Kasuga è un tipo molto diverso da Kiryu: estroverso, impulsivo e con la battuta sempre pronta. Non fanno eccezione i comprimari come Adachi, Nanba e Saeko, rispettivamente un ex-poliziotto, un senzatetto e una hostess, ognuno con il proprio background personale e il proprio scopo da perseguire nella vita.
Come da tradizione, non mancano continui colpi di scena e lunghe cutscene dove la narrazione arriva al suo apice, in special modo nella seconda parte di gioco. È però necessaria una grande premessa, ovvero Yakuza: Like a Dragon può essere inteso come un reboot ed è possibile approcciarlo come primo gioco della serie, ma non senza perdere qualcosa. Non è un caso che il titolo giapponese riporti un bel “7” in copertina: questo si riflette anche nell’opera e aver giocato almeno Yakuza 5 e 6 è un plus non indifferente per comprendere determinate sfumature della storia.
I temi trattati sono decisamente forti e maturi, anche se non manca mai la parentesi comica per spezzare la tensione di tanto in tanto, e il lavoro svolto sul ritmo della narrazione da parte del team di sviluppo è superlativo. Yakuza: Like a Dragon offre uno spaccato della società giapponese odierna e critica, neanche troppo velatamente, i metodi dell’attuale yakuza, priva di un codice morale, oltre che la corruzione delle istituzioni.
Diversamente dai predecessori, il gioco è ambientato per gran parte del tempo nel quartiere di Isezaki Ijincho a Yokohama, ma nel corso della storia non mancheranno visite anche a Sotenbori e Kamurocho, situati rispettivamente a Osaka e Tokyo.
I primi capitoli della storia sono un grande tutorial, nel quale verremo prima di tutto introdotti al nuovo sistema di combattimento in stile JRPG, che attinge a piene mani da Final Fantasy, Pokémon e Dragon Quest. Ichiban, giocatore appassionato proprio di Dragon Quest, vede la sua vita come un grande GDR e da qui l’idea degli sviluppatori di cambiare totalmente le carte in tavola introducendo elementi tipici del genere. Abbiamo quindi le classiche statistiche dei personaggi, la personalizzazione dell’equipaggiamento e il crafting di armi e armature. Ottima, inoltre, l’idea di mascherare le classi in lavori, introducendo quasi una ventina di opzioni tra cui scegliere.
Di base ogni membro del party ricopre un lavoro specifico, Eroe nel caso di Kasuga, il quale potrà però divenire un healer tramite i lavori da Musicista o Host, oppure un tank tramite il Buttafuori. Oltre al classico attaccare o curare troviamo le abilità elementali con fuoco, acqua, elettricità e ghiaccio, che andranno usate studiando le specifiche debolezze del nostro avversario. La meccanica dei lavori si applica a tutti i membri che recluteremo, quindi starà a noi decidere come creare il nostro party ideale. Una pecca affligge questa feature: i lavori dispongono di un livello separato da quello del personaggio, quindi cambiarlo comporta dover ricominciare dal livello base del nuovo lavoro scelto, e di conseguenza la necessità di grindare un po’ di esperienza per poter affrontare le battaglie più dure.
Presente, inoltre, l’opzione Pestamici grazie alla quale Ichiban potrà chiamare un alleato reclutato nel corso del gioco per attacchi decisamente devastanti, ricordando le evocazioni tipiche dei giochi di ruolo. Da non sottovalutare poi il legame con i propri compagni, poiché l’aumento di questa statistica consente ai membri non attivi di guadagnare più esperienza anche rimanendo in panchina e offre la possibilità di svolgere lavori normalmente bloccati per il personaggio di turno.
A tutto ciò si aggiungono le statistiche personali di Ichiban quali Bontà, Acume o Audacia, che consentono di avere un vantaggio anche in battaglia rendendo alcune tecniche più efficaci. La direzione presa dal Ryu Ga Gotoku Studio somiglia molto a quanto visto già in Persona 5, il che può solo far gioire i fan del genere JRPG.
Parlando di difficoltà, il gioco inizialmente tende a dare l’impressione di essere molto permissivo e per alcuni versi più facile dei predecessori. Nulla di più sbagliato: proseguendo si assiste ad un’impennata improvvisa della difficoltà con boss fight memorabili che richiedono di pianificare la propria strategia con il giusto equipaggiamento e con membri del party adatti allo scontro.
Terminata la storia principale, Yakuza: Like a Dragon mette a disposizione del giocatore diversi contenuti endgame. Oltre al classico New Game+ con difficoltà maggiorata, è possibile continuare le avventure con il proprio salvataggio e lanciarsi, tra le altre cose, in una vera e propria “Torre Lotta” come quella presente in Pokémon e altri JRPG analoghi, per sfide ancora più intense. I riferimenti al titolo Nintendo non si fermano qui, infatti è presente anche il Sujidex, un vero e proprio Pokédex da completare, che conterrà l’elenco dei nemici affrontati da Kasuga, definiti Sugimon.
Oltre a Kasuga e ai tre co-protagonisti citati in apertura di recensione, sarà possibile reclutare altri personaggi per la nostra squadra, alcuni proseguendo nella storia, altri mediante missioni secondarie assolutamente opzionali. Le sub-stories fanno quindi il loro ritorno con alcune che diventano veri e propri minigame in grado di tenerci occupati anche per decine di ore. Alcuni tra i tanti che ho trovato assolutamente validi sono il Dragon Kart, l’Ichiban Confections e il Part-Time Hero. Nel primo si partecipa ad un torneo di Kart nelle strade di Yokohama con tornei e premi sempre più prestigiosi, nel secondo invece saremo dei veri e propri imprenditori e potremo acquistare o vendere proprietà, assumere o licenziare dipendenti, avere a che fare con gli investitori e così via. Col terzo infine dovremo sgominare dei teppisti nel quartiere oppure svolgere missioni di ricerca di oggetti smarriti.
Il tempo investito in queste attività ci consentirà di conoscere nuovi personaggi, aumentare il denaro a nostra disposizione e infine trovare l’equipaggiamento più raro. Non mancano ovviamente tutte quelle attività di contorno che hanno reso celebre i predecessori come il karaoke, il baseball batting center, il gioco delle freccette o lo shogi.
Yakuza: Like a Dragon fa un uso eccellente del suo motore proprietario, con una resa generale validissima. Soprattutto nelle fasi in notturna il titolo mostra i muscoli con un’illuminazione e una presentazione che non ha nulla da invidiare ai giochi tripla A più blasonati. Un lavoro sensazionale è stato svolto in particolare sulle cutscene, rigorosamente in engine, con animazioni, espressioni del viso e dettaglio generale di qualità assoluta. Aiuta molto in questo l’ottima regia e fotografia, ormai grande marchio di fabbrica per Yakuza.
Durante le fasi di gameplay non manca qualche texture a una risoluzione inferiore rispetto al resto e qualche fenomeno di teleporting degli alleati che vengono automaticamente posizionati in prima linea all’inizio di una battaglia, se rimasti indietro nell’esplorazione della città. In ogni caso parliamo di inezie per un risultato finale ampiamente positivo.
Sulla precedente generazione di console il Dragon Engine è sempre stato un motore grafico piuttosto pesante, con PlayStation 4 e Xbox One che riuscivano a malapena a gestire i titoli a una risoluzione di 900p e 30 fps, spesso neanche stabili. Sia su Xbox Series X che Series S troviamo due impostazioni grafiche denominate “normale” e “alta risoluzione”. La prima in 1440p (900p su S) e 60 fotogrammi al secondo, con una fluidità possibile fino a poco tempo fa solo su PC. La seconda impostazione, invece, punta tutto sulla risoluzione 4K (1440p su S) con un frame rate ancorato ai 30 fotogrammi al secondo. In entrambe le modalità non ho notato cali di frame rate, ma il mio consiglio spassionato è di optare per la modalità “normale” a 60 frame, perché l’aumento di fluidità è talmente netto che non vorrete più tornare indietro.
Unica nota negativa è l’assenza del supporto all’HDR nel gioco. Le due soluzioni sono quelle di optare per l’HDR automatico delle nuove console oppure giocare il titolo in SDR: nel mio caso ho preferito quest’ultima.
Sul versante audio troviamo la doppia opzione per il doppiaggio, che dà la possibilità di scegliere tra giapponese e inglese. Già dalle prime schermate il titolo suggerisce il doppiaggio originale per ovvie ragioni: la versione inglese, per quanto di buon livello, rimane comunque inferiore. Inoltre, dopo tante richieste da parte degli utenti, Yakuza: Like a Dragon è stato completamente localizzato in italiano, dai dialoghi ai menù di gioco. Che dire delle musiche? Oltre agli storici brani del karaoke troviamo una colonna sonora decisamente incisiva, i vari battle theme contro i boss in particolar modo aiutano a rendere il tutto ancora più travolgente, facendoci immergere completamente nell’azione.
Yakuza: Like a Dragon è una ripartenza totale per la saga di Yakuza, con un nuovo protagonista e un combat system completamente rivisto che donano una freschezza senza pari a questo nuovo capitolo. La qualità riposta nella narrazione e nella scrittura dei personaggi è quella di sempre: un’attenzione meticolosa ai dettagli, un uso intelligente di analessi e prolessi e quindi un intreccio convincente riescono a catturare il giocatore dall’inizio alla fine, facendo desiderare un seguito delle avventure di Ichiban Kasuga e soci il prima possibile.
Il Ryu Ga Gotoku Studio confeziona un JRPG ricco di contenuti e con una forte identità. Non manca qualche difetto come la gestione dei lavori/classi e una curva della difficoltà particolarmente ripida nella seconda parte, anche se quest’ultimo potrebbe essere considerato un pregio da molti. A parte questo, finalmente la serie principale di Yakuza ottiene l’adattamento italiano, quindi direi che non ci sono più scuse, tuffatevi come carpe nel gioco e trasformatevi in draghi!
Un ringraziamento speciale a Koch Media
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