Vorrei iniziare questa recensione ponendomi lo stesso dubbio amletico che mi posi dopo la visione degli ultimi 4 episodi di Fast & Furious (spin-off compreso): come si è arrivati a questo punto della storia, in cui dei ladri di DVD bravi con le gare automobilistiche vengono reclutati ogni qualvolta ci sia o qualche attentato terroristico su scala internazionale o addirittura il mondo da salvare?
Ecco, queste sono le paradossali premesse a cui bisogna solo annuire per poter continuare a seguire una saga che di strada ne ha fatta molta (fin troppa) nel bene e nel male, ma per la quale nessuno si sarebbe stracciato le vesti se avesse chiuso i battenti in maniera più che dignitosa insieme all’uscita di scena del compianto Paul Walker. Non a caso il settimo capitolo diretto da James Wan, seppur ormai già permeato dai noti eccessi, oltre ad essere probabilmente il migliore, avrebbe chiuso al meglio la storia della Toretto’s family… invece no, e tutto con il beneplacito del grande pubblico, che pare apprezzare questa scelta.
È diventato “complicato” ormai parlare di questa ventennale saga, ma tutto diventa molto più semplice se ci si approccia ad essa con la stessa sospensione dell’incredulità che meriterebbe un cinecomic. Sì, perché con gli ultimi capitoli Fast & Furious è diventato un universo cinematografico a sé, in cui la forza e la resistenza agli urti di molti personaggi è paragonabile a quella di Captain America, in cui le leggi della fisica, dell’aerodinamica e persino quelle aerospaziali sono riscritte a modo loro, e le cadute mortali non sono più tali se avvengono contro il cofano di un’auto. Nell’universo di Fast & Furious i cofani delle auto sono a tutti gli effetti l’equivalente dei materassi.
Basta saperlo, basta essere pronti a tutto ciò, altrimenti non ha senso andare in sala. Inoltre, ogni singola pellicola fa le cose sempre più in grande e, come ogni cinecomic che si rispetti, assume le sembianze di un crossover, con il ritorno di vecchi personaggi, la riesumazione di cadaveri con retcon alquanto improbabili, vari camei, scene post-credits, e permettendosi pure di sprecare clamorosamente attrici come Charlize Theron con un minutaggio risibile (“tanto questo villain lo faremo rivedere nel prossimo film” in stile Thanos).
È passato qualche anno dall’ultima avventura della famiglia e la pellicola si apre con un flashback che per la prima volta ci fa conoscere papà Toretto e i suoi due figli. Ebbene sì, Dom ha un fratello del quale non avevamo mai sentito parlare in 8 film, e attraverso una retcon abbastanza paracula (grazie al cielo senza ringiovanire gli attori con la CGI) iniziamo a capire perché Jakob (John Cena) non sia mai stato nominato e non faccia più parte della sacra famiglia… in realtà dopo un po’ si riesce subito a capire anche in che direzione andrà l’evoluzione del suo personaggio, ma la colpa non è dell’ex wrestler, anzi, la sua prova è stata più che discreta per questo ruolo cucito su misura per lui.
Dopodiché, la trama è di quelle tra le più semplici: il signor Nessuno (un Kurt Russell anche lui con minutaggio risicatissimo) è stato tradito da qualcuno e ha perso qualcosa che nelle mani sbagliate potrebbe cambiare il mondo. La squadra si riunisce, automobili, esplosioni, calci, pugni, grigliata finale, titoli di coda con musica tamarra, scena post-credits.
Sotto la regia (e in parte sceneggiatura) dell’ormai veterano della saga Justin Lin, la pellicola continua ad espandere questo universo cinematografico (per quanto ce ne possa essere ancora bisogno) e alza sempre di più l’asticella della spettacolarità, della follia e del trash semi-volontario. Rimane sempre e comunque, a sprazzi, il tentativo di prendersi sul serio, e col passare degli anni pare sia rimasto solo Vin Diesel a credere di star recitando del cinema d’autore, mentre gli altri protagonisti, ormai completamente calati nelle loro parti, pensano solo a divertirsi.
Per fortuna c’è anche Roman Pearce (Tyrese Gibson), il comic relief della storia che ha il merito di rappresentare noi spettatori, poiché è l’unico che abbia il coraggio di far notare ai suoi stessi compagni tutta l’assurdità delle avventure vissute dal gruppo.
La Fast Saga è ormai questo: un grande spettacolo diretto con solito mestiere, con i soliti volti familiari, con le solite musiche latineggianti, scene d’azione adrenaliniche (e confusionarie), il solito mix di “dramma” e ironia. Le soluzioni narrative sono tanto semplici quanto improbabili, a volte fin troppo prevedibili e in questo caso anche facilmente pretestuose per arrivare a quello che sarà il gran finale, visto che il 10° e 11° capitolo verranno girati back-to-back.
Insomma, film della Asylum fatti con molti più soldi… ma anche almeno un bel po’ di cuore. Questo sì, bisogna concederglielo.
Probabilmente le 2 ore e 25 di durata si fanno un tantinello sentire e 20-25 minuti si sarebbero potuti tranquillamente tagliare, ma di certo Fast & Furious 9 non annoia e regala ai fan della saga semplicemente quello che vogliono. Assolutamente nulla di più, come neanche di meno.
Non piacerà a tutti e per molti non sarà neanche “vero cinema”, ma in fondo il cinema è sempre stato prima di tutto intrattenimento. Questo film riesce ad intrattenere alla perfezione? No, ma bene, sì. Insomma, l’ultima avventura della famiglia allargata Toretto, come anche le altre, probabilmente non verrà ricordata negli annali del cinema, ma senz’altro ha tutte le caratteristiche per entrare facilmente in lizza come “blockbusterone” di questa estate 2021.
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