In un mondo sempre più caotico e frenetico, nel quale anche i videogiochi di maggior successo sono spesso solo delle esperienze di consumo momentanee, un’opera come Lake non solo si pone in controtendenza, ma cerca proprio di criticare questo sistema. Il gioco del piccolo studio Gamious, composto da una manciata di giovani olandesi che qui si è confrontato per la prima volta con un gioco in tre dimensioni, cerca di raccontare in modo suggestivo e alternativo la cultura della libertà americana.
In Lake impersoneremo Meredith Weiss, una trentenne yuppie americana nel 1986, impiegata in una delle prime società d’informatica come programmatrice, che decide di staccare dalla sua vita caotica per tornare nella sua città natale, Providence Oaks, e sostituire il padre nel suo lavoro, il postino. Providence Oaks è il classico paesino americano di montagna, caratterizzato da un grande lago al suo centro, dove gli abitanti si conoscono tutti e la vita segue sempre le stesse vie. Per le due settimane che durerà l’avventura di Meredith, saremo noi a decidere come rapportarsi con i vari abitanti, alcuni vecchie conoscenze della protagonista, altre nuove, e saremo noi a guidare le sue scelte per prendere una decisione netta sul futuro.
Nonostante il gameplay consista principalmente nel consegnare pacchi tramite il classico furgoncino bianco, la parte più interessante e sviluppata di Lake è sicuramente quella narrativa/ruolistica. Ovviamente non stiamo parlando della profondità che può avere un Fallout o un Wasteland, ma è abbastanza da permettere una quantità di situazioni molto varia, con almeno 4 finali possibili per la protagonista e varie ramificazioni per i restanti personaggi. Gli incontri durante le consegne sono scriptati, ma le reazioni di Meredith sono sempre sotto il nostro controllo, e potremo decidere spesso se aiutare gli abitanti con consegne “extra”, incontrarli dopo l’orario di lavoro o decidere cosa fare in solitudine, con una distribuzione del tempo che ricorda molto quella di Persona 5.
Le consegne per tutta Providence Oaks diventano così più che altro un pretesto per immergersi in una situazione diversa dalla propria e tornare a vivere ad un’altra velocità. Questa parte del gameplay infatti non offre mai una vera sfida, ma è solo contemplativa, rilassante, completamente in controtendenza con lo stile moderno. Non è un caso che uno degli abitanti del paese, il giovane gestore del motel, sia sempre scontroso perché assuefatto da un videogioco per PC che non riesce a finire, trattandoci male ogni volta che lo faremo “deconcentrare”. Risulta quindi perfetta l’ambientazione negli anni ’80 americani, dove con il governo Reagan (e in Europa il governo Thatcher) si erano gettate le basi per il consumismo/capitalismo super frenetico incentrato solo al guadagno in cui ci troviamo ancora oggi, che spinge a mettere in secondo piano gli affetti familiari in nome della carriera e il denaro, sfruttando anche le piccole realtà come interesse turistico di consumo.
Il bello di Lake però è che saremo sempre noi a decidere se fare queste critiche o abbracciare il modello vigente, scegliendo se aiutare o no, ad esempio, a fare attivismo contro la deforestazione del paese per costruire più case turistiche, oppure se completare o no del lavoro che il capo ci darà da fare, pur sapendo che siamo in pausa. Anche rimanere a Providence Oaks dopo le due settimane oppure tornare alla grande città sono alternative possibili. “La vita non ci riserva mai di conoscerla prima di viverla” dice uno dei personaggi più anziani del gioco.
Nonostante la grafica low poly sia molto carina, con dei modelli qualitativamente elevati per una produzione del genere, purtroppo la resa grafica da vicino non è delle migliori, a causa di un’illuminazione e dei filtri (anti aliasing, ambient occlusion, eccetera) non al massimo, che se curati meglio avrebbero potuto rendere più appetibile il titolo. A livello sonoro invece il gioco è completamente doppiato in inglese, unica lingua disponibile, e presenta una carenza anche di canzoni originali, avendo una soundtrack che può contare circa 3/4 tracce d’ambiente ed altrettante canzoni alla radio.
Nonostante le limitazioni tecniche e stilistiche, mi sento di consigliare Lake come esperienza videoludica, essendo veramente un outsider nel panorama moderno. Sicuramente non è un videogioco per tutti, tendendo più alla narrazione che al gameplay, ma con la giusta attitudine anche un piccolo indie da 6 ore come questo può lasciare qualcosa, che magari vi farà porre delle domande sulla vostra vita o la vostra situazione lavorativa alle quali non avreste mai pensato. Un punto di vista diverso non può mai far male, ma solo aiutare a comprendere di più qualcosa, che sia un rinforzo della propria opinione o un cambio radicale d’idea.
Special thanks to The Indie Bros. and Whitethorn Games
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