Il mondo degli adattamenti è incredibilmente vasto. Viviamo in un’epoca dell’intrattenimento talmente transmediale che qualsiasi prodotto originato per un mezzo espressivo viene trasposto in un altro, dai libri che diventano film a personaggi di serie tv che si ritrovano in fanfiction e webcomic dalla fattura e il gusto variabile. Spesso sono i classici ad offrire i maggiori spunti, ed è sorprendente constatare come storie ideate secoli o millenni prima abbiano così tanto da dire anche al giorno d’oggi.
Kaguyahime, Principessa Splendente è una dimostrazione del cuore che si può mettere in questi tipi di lavori quando c’è la passione per il materiale di partenza, anche se a volte questo non basta. Realizzato dall’autore Philip Giordano, questo libro illustrato per bambini si ispira liberamente al Taketori Monogatari 竹取物語, ovvero l’antico testo della Storia di un tagliabambù, che stravolse completamente il mondo della letteratura giapponese, e dal quale il regista Takahata Isao trasse il suo ultimo nonché splendido film animato La storia della Principessa Splendente.
Nella trasposizione di Giordano ritroviamo i momenti salienti della storia originale: il vecchio tagliabambù trova una piccola bimba nella foresta come fosse un segno divino, chiamandola infatti Kaguyahime (Principessa Splendente), la cui esistenza diventa una leggenda per tutto il paese. Una volta cresciuta si presentano cinque nobili chiedendo la sua mano in matrimonio; questi vengono messi alla prova, spediti a cercare oggetti mitologici in giro per il mondo, salvo poi arrendersi o cercare di ingannare la ragazza. Persino l’imperatore se ne invaghisce, ma lei deve tornare sulla Luna, suo luogo natio, così gli altri abitanti del satellite scendono a prenderla e la portano via.
Per quanto la trama, riassunta veramente all’osso, sia effettivamente questa, è impossibile non notare un effettivo depotenziamento di scene e messaggi presenti tanto nel racconto originale quanto nel film. Si va da cose piccole ma comunque rilevanti, come il fatto che Kaguyahime in realtà venga trovata dentro una canna di bambù (uno dei tanti elementi che ha profondamente inciso l’immaginario giapponese), ad altre molto più importanti come la morte di uno dei pretendenti e, soprattutto, la volontà della Principessa Splendente di rimanere da sola, o quantomeno non dipendere da un uomo. Questo dettaglio non è di poco conto, sia perché per l’epoca era piuttosto inusuale l’idea di una donna che rifiutasse dei nobili pretendenti, e persino l’imperatore (considerato alla stregua di un dio), in nome della sua indipendenza e felicità, ma soprattutto perché è uno di quegli elementi che riescono a far sentire la protagonista effettivamente vicina a noi oggigiorno.
Al contrario, in questa versione Kaguyahime viene mostrata come perdutamente innamorata dell’imperatore ma, ahimé, il loro amore è ostacolato dal suo imminente ritorno sulla Luna. Questo stravolgimento del racconto non è solo enorme, ma va a cancellare quella che è una scena tanto realistica quanto tremenda di un racconto di più di mille anni fa: il Mikado, sentitosi dire di no dalla Principessa, le mette le mani addosso per possederla e farla sua, e Kaguyahime per sfuggirgli “si fa ombra“, ovvero diventa un fantasma incorporeo e lo caccia via dopo essersi sentita violata. Insomma, questa retorica da fiaba europea della principessa da salvare che si preoccupa esclusivamente delle questioni di cuore è veramente fuori luogo, e toglie purtroppo effettivo senso e gusto alla storia, facendola sembrare banale come molte altre. Il fatto che si tratti di un libro illustrato per bambini non può essere una giustificazione, perché pur smussando qualche dettaglio nulla vieta di raccontare qualcosa dal finale malinconico e dalle tinte female empowering anche a persone molto giovani.
Detto questo, non si può negare che le illustrazioni siano decisamente originali, coloratissime e oniriche, come se si guardasse un film di Guillermo del Toro su carta. L’edizione della casa editrice WoM poi è davvero ben curata, bella sia da vedere che da tenere tra le mani, capace di valorizzare al meglio le illustrazioni all’interno. L’unico vero peccato è il riadattamento della storia con le sue mancanze. Ci tengo infine a sottolineare che dubito fortemente che Philip Giordano abbia tolto questi importanti messaggi di proposito o in malafede, ma penso abbia semplicemente dato la propria visione della storia basandosi sul suo immaginario e il suo background culturale.
Un ringraziamento speciale a WoM Edizioni
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