Abbiamo conosciuto BoJack come un attore di sit-com fallito e nel corso delle due stagioni passate abbiamo assistito al suo riscatto, prima con un’autobiografia di successo, poi con il ruolo da protagonista nel film per il cinema “Secretariat“, ora non gli rimane che ottenere un Oscar per questa parte e finalmente… beh, finalmente osa?
Ormai lo conosciamo il nostro uomo-cavallo, costantemente divorato da conflitti interiori che gli impediscono di raggiungere una vera felicità. La sua autobiografia non è stata scritta di suo pugno e nel film di cui è protagonista non ha recitato davvero, è stato tutto reso in maniera digitale. A molti non importerebbe e penserebbero a godersi immeritati fama e denaro a cuor leggero, invece a lui tutto questo pesa tantissimo.
Questo ne fa una splendida persona? Non proprio, in realtà è sempre il solito stronzo egoista con tendenze maniaco-depressive che tenta di convincersi di poter migliorare in qualche modo, ma in fondo in fondo tutto ciò che vuole è che gli altri lo ritengano speciale, forse a causa del pochissimo affetto ricevuto dai genitori durante l’infanzia. Sempre terribilmente umano per essere un mezzo cavallo.
Lo strano mondo di uomini e animali antropomorfi creato da Raphael Bob-Waksberg mantiene intatta la sua natura fatta di deprimente realismo ed esilaranti gag legate alle varie specie animali. L’umorismo della serie, sempre eccessivo ed esplicito, non perde neanche un minimo di freschezza in questa terza stagione, proponendo battute brillanti e situazioni mai scontate. Si continua a ridere e riflettere, in un rollercoaster di emozioni che alterna risate e paranoia a ritmo sostenuto.
Finora tutte le stagioni hanno avuto come elemento comune tra di loro un nuovo scopo nella vita di BoJack, come appunto già accennato la scrittura di un libro, recitare in un film serio e vincere un Oscar. A parte questo, però, risultano piuttosto differenti l’una dall’altra, mostrando un vero impegno della serie nell’innovarsi e sorprendere lo spettatore con nuove trovate.
Nella stagione 3 troviamo puntate abbastanza fuori di testa come “Un pesce fuor d’acqua“, che ci mostra l’inedita città sottomarina di Pacific Ocean, abitata da animali marini che parlano l’incomprensibile lingua “pescese” e in cui praticamente per tutto il tempo non ci sono dialoghi, poiché lo scafandro indossato da BoJack per respirare gli impedisce qualsiasi tipo di comunicazione verbale; lo stesso si può dire di “È troppo, amico!” dove BoJack e Sarah Lynn assumono quantità indicibili di alcool e droghe finché a un certo punto il nostro protagonista inizia ad avere blackout temporali che mandano in tilt anche il cervello dello spettatore; bellissima anche “Fermate le rotative” in cui BoJack tenta di disdire l’abbonamento a un quotidiano e il tentativo di una responsabile di dissuaderlo si trasforma in una lunghissima seduta psicologica.
Le tre puntate che ho citato sono solo la punta dell’iceberg, quelle che mi sono rimaste impresse più che altro per il modo in cui vengono sviluppate, ma fidatevi, ci sarebbe davvero una valanga di cose da dire, tra le numerosissime citazioni al mondo del cinema e delle serie tv, il cinismo con cui vengono trattati argomenti anche seri come l’aborto, e frecciatine nei confronti di usi e costumi del mondo moderno. In questa stagione si è fatto anche un discreto uso di flashback che rivelano particolari della vita del protagonista finora sconosciuti: alle volte per come sono inseriti potrebbero risultare stranianti, ma mai realmente fastidiosi.
Nel corso delle tre stagioni uscite finora la storia di BoJack evolve costantemente, ma riesce sempre a rimanere coerente ed omogenea, niente è lasciato del tutto al caso e questo è frutto di una scrittura attenta ed accurata come poche, almeno per quanto riguarda il mondo delle serie animate. Mi chiedo per quanto riusciranno a portare avanti questa serie mantenendola a livelli così alti!
Assistiamo all’introduzione di nuovi personaggi, ma le colonne portanti insieme a BoJack rimangono sempre i soliti Todd, Princess Carolyn, Diane e Mr. Peanutbutter, che portano avanti diverse trame secondarie: Todd alle prese con uno dei suoi folli progetti, Carolyn intenta a portare avanti la sua agenzia e Diane e Peanutbutter divisi tra i loro problemi di coppia e quelli lavorativi. L’intreccio che tutto ciò va a formare è incredibilmente ben strutturato.
Come al solito il doppiaggio è encomiabile. Io ormai adoro la voce di Will Arnett (BoJack), uno dei motivi per cui ho seguito con piacere la sua serie Flaked (e anche perché quella serie ricorda abbastanza questa), ma è impossibile non citare anche l’ottimo lavoro svolto da Aaron Paul (Todd), Amy Sedaris (Princess Carolyn), Paul F. Tompkins (Mr. Peanutbutter) e tutto il resto del cast. Parlando dei disegni e le animazioni è rimasto tutto esattamente identico alle stagioni precedenti, e devo ammettere che un pizzico di innovazione anche in questo senso tutto sommato non mi dispiacerebbe in futuro, ovviamente nulla che vada a snaturare lo stile caratteristico della serie.
Con questa terza stagione dal forte sapore dolceamaro, BoJack Horseman si riconferma come una delle migliori serie animate per adulti mai prodotte, priva di difetti oggettivi sui quali non si possa passare sopra. Sicuramente un prodotto non adatto a chi è in cerca di qualcosa per rilassarsi e spegnere il cervello: tra una risata e l’altra potreste incorrere in profonde e deprimenti riflessioni sull’esistenza. Sconsigliato anche a chi è allergico alle volgarità, che qui comunque sono utilizzate nel modo più intelligente possibile e non sono mai troppo fini a se stesse. Per tutti gli altri si tratta di oro puro.
Il finale lascia aperte diverse questioni, infatti una stagione 4 è già stata confermata e io penso che ingannerò l’attesa riguardando le tre già pubblicate, perché ormai ne sono completamente assuefatto.
https://youtu.be/U5pxUPkC0pk
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