A distanza di due anni dal primo capitolo della saga, Vincenzo Filosa e Nicola Zurlo tornano con il secondo volume della loro epopea nippo-calabra, Cosma & Mito: L’assedio dei pruppi (Coconino, 2022), che ci catapulta senza troppi preamboli nel profondo Sud italiano (o, se preferite, nelle enigmatiche atmosfere dell’estremo Oriente) per correre dietro alle leggendarie avventure dei due indiscussi protagonisti.
Dopo aver affrontato il temibile Spirito delle Conserve ed essersela vista brutta dinnanzi al clan dei lupiminari, la fama di acchiappa-mostri di Cosma, guerriera “dalla katana facile”, e di suo figlio Mito risuona ormai in tutta la Calabria, e anche un bel po’ oltre i confini regionali a dire la verità, tanto che il primo volume Cosma & Mito: L’antro dei lupiminari ha vinto il Premio Coco per la Miglior Serie Italiana all’Etna Comics 2019, guadagnandosi il “sergioleonesco” appellativo di “spaghetti manga per lettori di ogni età”.
Sfogliare la prima sezione di questo secondo volume è davvero come trovarsi davanti all’epopea di Gilgamesh: un susseguirsi di imprese eroiche in cui madre e figlio affrontano una dopo l’altra creature mitologiche del folklore calabro, girando la regione accompagnati da un tanuki imbroglione.
Una volta dimostrato il loro valore di combattenti portando a termine imprese come liberare la cittadina di Rose da una fantasima e da una magara (due creature simili a megere), o placare l’ira della terribile Dragonara del villaggio di Palmi (donna drago che agita le acque in tempesta), Cosma e Mito possono dedicarsi a questioni più serie, che rischiano di compromettere la pace tra il popolo marino dei pruppi e quello terrestre dei lupiminari.
Mito è infatti il discusso figlio di una lupiminara e di un pruppo, ed è reclamato nel regno del temibile re degli abissi; Mito non vuole lasciare la terraferma, e questa sua scelta provoca la quasi distruzione della città di Crotone sotto l’ira del potente re dei mari. Il giovane Mito, oltre che essere molto impaurito, è ancora molto immaturo e i coprotagonisti che lo affiancano in questo suo viaggio non sono gli unici a chiedersi se sarà abbastanza forte da crescere e diventare indipendente, come in tutte le epopee e romanzi di formazione che si rispettino. Ma non è il caso di preoccuparsi: ha ancora due volumi davanti a sé!
Indubbiamente l’innesto tra le due culture, quella nipponica e quella calabrese, è il tratto distintivo che maggiormente incuriosisce in questo fumetto, ed esalta le somiglianze in fatto di miti e leggende di due culture apparentemente più che distanti. Dopo questa lettura, però, non mi stupirei di litigare con uno spirito delle conserve in una casa di qualche nonna di Castrovillari, così come non me ne stupirei a Takayama.
Impressionante è anche come nel loro insieme le tavole risultino omogenee, pur mescolando estetica underground, mostruose creature del folklore calabro e tratto sfacciatamente nipponico. Anche per questo secondo volume, una nota di demerito va alla jacket, che poco rende giustizia al contenuto favolosamente (nel senso letterale del termine) pop del fumetto, ma la si dimentica facilmente non appena ci si immerge nelle dettagliatissime splash page dei combattimenti contro i mostruosi kaiju calabresi, come il terribile Drago dalle Sette Teste di Cerenzia, l’insaziabile Toro delle vergini di Torano Castello e la gigantesca fantasima di Rose, che da oggi popoleranno i miei peggiori incubi.
Un ringraziamento speciale a Coconino Press
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