Quando Devolver Digital annunciò, durante il suo Showcase all’E3 del 2021, l’esistenza di un samurai game chiamato Trek to Yomi, sobbalzammo tutti dalla sedia. Quanto visto in quel primo trailer mi e ci bastò per innamorarci follemente di questo videogame di combattimenti a scorrimento così fortemente influenzato dal cinema Giapponese di metà ‘900.
Ad aumentare l’attesa ha concorso anche l’inserimento del titolo sviluppato da Flying Wild Hog nel catalogo Xbox Game Pass, oramai configuratosi come il miglior amico degli appassionati di videogiochi indie. Purtroppo, nonostante le ottime premesse, Trek to Yomi palesa diversi limiti che non gli permettono di raggiungere l’eccellenza, pur essendomi piaciuto sotto diversi aspetti.
Trek to Yomi è ambientato in Giappone nell’epoca feudale e racconta le vicende di Hiroki, sia nella sua giovane età in quello che funge da prologo nel gioco, che da adulto. Altri personaggi concorrono a rendere l’intreccio interessante, ma preferisco rivelarvi il meno possibile sulla trama vista anche la breve durata del videogame. Io sono riuscito a vedere i titoli di coda in circa 4 ore e mezza, affrontandolo a difficoltà normale, quindi posso supporre che la durata di una singola run oscilli tra le 4 e le 6 ore a seconda della difficoltà selezionata e della vostra bravura al pad.
Vi basti sapere però che l’avventura di Hiroki segue grosso modo il classico schema del viaggio dell’eroe. Ho particolarmente apprezzato il deciso cambio di passo che caratterizza l’avventura dopo circa un’ora di gioco, tant’è che le immagini a corredo dell’articolo provengono tutte dalla prima sezione, visto che altrimenti vi rovinerei la sorpresa. Sono sicuro che molti giocatori avrebbero preferito una maggior costanza nelle ambientazioni e nella narrativa, ma ritengo che il quadro generale restituisca un susseguirsi degli eventi coerente e interessante.
Hiroki è un samurai solitario, abile nell’utilizzo della sua fida katana e sempre pronto e veloce nel lanciare coltelli e scoccare frecce. In Trek to Yomi si affrontano decine e decine di avversari armati di tutto punto e, soprattutto, molto aggressivi. Purtroppo ho riscontrato nella loro scarsa differenziazione uno dei problemi più pressanti di tutta l’offerta ludica. Un vero peccato, dato che con una maggiore diversificazione dei mob, il videogame pubblicato da Devolver Digital avrebbe potuto giovare di quell’ulteriore livello di profondità che purtroppo gli manca. In ogni caso, a parte le azzeccate e rapide sezioni di esplorazione (dove ci si muove in 3D) che servono a collegare aree di combattimento più o meno distanti tra loro, in Trek to Yomi si combatte sempre sul piano a 2 dimensioni.
Con il tasto A del controller Hiroki si volge dall’altro lato e può fronteggiare avversari a cui in precedenza dava le spalle, mentre con i tasti X e Y attiva attacchi leggeri o pesanti. Gli sviluppatori hanno fatto di tutto per rendere il gameplay interessante e diversificato per tutta l’avventura, e infatti a completare l’opera intervengono il tasto della parata e del parry, l’utilizzo di lanciabili come i Bo-Shuriken, la rotolata, e così via.
La maggior parte degli scontri va affrontata con sangue freddo e precisione, che sia contro nemici normali o contro boss di fine livello. Spiace constatare, però, che per quanto sia avvincente scoprire nuove combo, il bilanciamento di quest’ultime è completamente sballato. In Trek to Yomi la stragrande maggioranza dei giocatori, una volta scoperta la prima combo capace di stordire gli avversari, si limiterà ad abusarne buttando al macero il velleitario lavoro di diversificazione fatto. Un’altra pesante occasione sprecata sul fronte del gameplay che fa storcere non poco il naso e rende le fasi finali noiose e scontate. A poco servono in tal senso la manciata di banalissimi puzzle che hanno il solo scopo di spezzare il ritmo.
Badate bene, Trek to Yomi sa divertire, soprattutto nelle fasi iniziali dove gli sviluppatori mostrano il proprio talento in diverse occasioni (su tutte la sezione in cui bisogna contemporaneamente ripararsi dalle frecce e proseguire nel combattimento). Rimane però l’amaro in bocca per la scarsa attenzione riservata al bilanciamento di avversari e combo, che si fa man mano sempre più evidente.
Sotto il profilo puramente artistico, tuttavia, Trek to Yomi mi ha semplicemente incantato, dal primo minuto fino all’ultimo. Complice anche il sapiente utilizzo di grana e bloom (disattivabili nelle impostazioni), il bianco e nero utilizzato per tutto il corso dell’avventura risplende di creatività e bellezza e restituisce un’immagine del Giappone feudale affascinante. Un taglio autoriale che ha sicuramente obbligato gli sviluppatori a dei compromessi ma che, al contempo, non può non impressionare. Compromessi, tra l’altro, superati brillantemente attraverso l’espediente delle già citate sezioni di esplorazione, che hanno peraltro il merito di generare interessanti variazioni sul tema in termini di giocabilità.
Si prenda come esempio la stimolante ricerca dei collezionabili, in larga parte interessanti nella loro descrizione, oppure la moltitudine di bivi presenti, che spesso permettono di accedere a percorsi secondari dove attivare delle trappole capaci di spazzare i nemici in un sol colpo. Tutto ciò testimonia che l’onnipresente e titanica influenza della fotografia, che con le sue inquadrature e luci detta tutte le scelte di game design, non è stata subita come un limite dagli sviluppatori, bensì come un volano capace di generare nuove idee.
Trek to Yomi è probabilmente, solo dopo Cyberpunk 2077, il gioco che più mi ha invogliato a catturare screenshot. In una singola run ne ho raccolti più di 40 e questo semplice dato dovrebbe farvi intuire quanto siano mozzafiato le ambientazioni, le inquadrature e i fondali di questo videogame. Anche i modelli 3D dei personaggi sono ben caratterizzati, sebbene non brillino per complessità nelle cutscene.
Se tutto funziona perfettamente a immagine ferma e per la gran parte del tempo in movimento, d’altro canto bisogna ammettere che molte animazioni sono legnose e mal collegate con le altre. Anche in questo caso si avverte la sensazione di essere di fronte un gioco che, se avesse giocato bene tutte le sue carte, avrebbe potuto essere senza tante difficoltà il titolo indie dell’anno. Spero soltanto che Flying Wild Hog sia capace di far tesoro degli errori commessi e mettere l’esperienza maturata al servizio del proprio talento in un futuro videogame.
Ho deciso di promuovere Trek to Yomi nonostante i limiti che l’esperimento di Flying Wild Hog palesa sul fronte del gameplay. Sebbene migliorabile in diversi ambiti, questo samurai game tutto in bianco e nero riesce a divertire per una larga porzione dell’avventura e accarezza gli occhi in ogni suo frame. Inoltre è proposto ad un prezzo corretto ed è incluso nel catalogo Xbox Game Pass, fateci un pensierino.
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