Talvolta, alcune serie di videogiochi non vogliono limitarsi a raccontare una storia lineare o di facile comprensione. Anzi, spesso si adotta il fattore della storia autoconclusiva, un qualcosa che viene circoscritto unicamente in quel determinato capitolo, un po’ come accade in Final Fantasy, dove ogni sua iterazione propone storie e volti nuovi. Le serie longeve dopotutto si trovano quasi obbligate ad adottare tale approccio, poiché lo scorrere del tempo rende difficile poter godere di una macro storia distribuita su più capitoli, e con le abitudini attuali delle compagnie la crossmedialità complica ancor di più il recupero e lo studio di un mondo fittizio. Kingdom Hearts ne è un esempio lampante, ma non è niente in confronto alla serie The Legend of Heroes di Nihon Falcom.
La saga JRPG della celebre casa nipponica ci racconta di un mondo in tumulto tra guerre e sotterfugi che avvengono dietro le quinte, con diversi stati che nella ricerca della pace cadono nel giogo guerrigliero. Tuttavia, il brand solo negli ultimi 5 anni ha iniziato ad affacciarsi seriamente in Europa, grazie all’approdo della tetralogia di The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel, il cui successo ha spinto NIS America a puntare maggiormente sulla localizzazione occidentale di tutto il franchise, che racchiude al suo interno diverse sottoserie tutte collegate tra loro. È così che dopo oltre un decennio dalla sua pubblicazione nipponica su PSP, anche The Legend of Heroes: Trails from Zero approda in Occidente, precisamente su PlayStation 4, Nintendo Switch e PC.
Questo gioco è il primo dei due tasselli che compongono il racconto del piccolo stato di Zemuria. Questa nazione, che vanta un grande avanzamento tecnologico e di risorse importantissime, da anni viene contesa dai grandi continenti di Erebonia e Calvard, le cui vicende vengono narrate rispettivamente in Trails of Cold Steel e nei nuovi capitoli della saga non ancora approdati in Occidente. Trails from Zero, per la precisazione, avviene contemporaneamente con i primi due giochi delle vicende di Erebonia, pertanto, rivolgendomi ai possibili interessati all’acquisto, questo capitolo può rappresentare un buon entry point per la serie. Ambientato a Crossbell, il titolo vede come protagonista Lloyd Bannings, che dopo aver affrontato per tre anni l’accademia militare diventa un detective della Special Support Section (SSS), un dipartimento nato per affrontare interventi di qualsiasi natura. Al suo fianco, troviamo un assortimento di personaggi alquanto bizzarro che fa leva sul carisma e su una caratterizzazione azzeccata: Randy Orlando, un ex-soldato piuttosto pacato nei suoi atteggiamenti, Tio Plato, responsabile del reparto informatico, ed Elie Mcdowell, erede di un’importante casata politica dal carattere solare.
Il racconto di The Legend of Heroes: Trails from Zero inizia in maniera tranquilla, con il team di Lloyd intanto a occuparsi di incarichi piuttosto semplici vivendo delle vicende assai banali, tuttavia gli eventi prenderanno una piega più intrigante passata la fase introduttiva del gioco, mostrando così la vera natura della narrazione in pieno stile Nihon Falcom. Sia chiaro, come per la tetralogia con protagonista il giovane Rean Schwarzer, anche questo titolo sarà caratterizzato da lunghe sequenze narrative, con dialoghi che riempiranno lo schermo per dare sfogo alla contorta quanto affascinante narrazione, ma è proprio quando i nodi vengono al pettine che si inizia ad apprezzare il racconto. Dopotutto ogni capitolo della serie JRPG di casa Falcom non si limita solamente a raccontare una storia, ma spesso e volentieri cela attraverso alcuni personaggi secondari o banali comparse dei riferimenti preziosi rivolti ad altri capitoli del franchise, destando di conseguenza la curiosità di scoprire cosa accade negli altri giochi.
Trails from Zero come forse saprete nasce ben prima della più conosciuta tetralogia di Trails of Cold Steel, che vanta un sistema di combattimento decisamente prezioso. Il primo capitolo dedicato a Crossbell è il precursore di quell’ottimo gameplay, tant’è che chi ha già familiarità con la saga potrà ritrovarsi immediatamente nell’esperienza di gioco offerta, a partire dal sistema turn-based, che usa gli spazi disposti a scacchiera per permettere al party di gestire posizione e attacchi durante le battaglie. Nulla di così distante dai ormai già rodati JRPG, tuttavia l’impronta di Falcom si nota nella stratificazione e profondità del gameplay. Difatti, ciascun componente del party si distingue per abilità ed equipaggiamenti, quest’ultimi ispirati a connotati artistici di vario tipo che si riflettono in diversi aspetti della saga stessa. Oltrepassando i canonici attacchi, item, difese e fughe, ritroviamo le S-Craft, abilità uniche conferite ad ogni personaggio giocabile e attivabili tramite il consumo di CP: si tratta di attacchi speciali che spaziano da potenti magie a poderosi fendenti, coinvolgendo uno o più nemici. Tali abilità inoltre possono evolversi insieme al personaggio, dando così maggiore senso di profondità al sistema di progressione del gioco.
A farla da padrone però è il sistema di potenziamento Orbment, che permette di equipaggiare le Quartz per ottenere ulteriori miglioramenti sui singoli personaggi: per fare un paragone semplice, funzionano come le materia di Final Fantasy VII. Le Quartz dunque conferiscono anche abilità esclusive, prima tra tutte la Scan, che permette di svelare i parametri dei nemici. Tuttavia, sebbene il sistema di combattimento risulti solido e decisamente godibile (un aspetto sempre azzeccato in casa Falcom), sorge purtroppo una problematica difficile da ignorare: dal momento che Trails from Zero giunge in Occidente con 12 anni di ritardo e su piattaforme moderne, ma soprattutto dopo la tetralogia della Classe VII che ha perfezionato la formula ludica, il paragone non solo mette in ombra questo porting, ma fa anche sentire indubbiamente il peso degli anni.
Questo lo si percepisce nell’inevitabile mancanza di alcuni accorgimenti che sono stati apportati solo successivamente, o in come talvolta risulti persino tedioso dedicarsi alle altre attività proposte del gioco. Infatti ad espandere la consueta main quest vi sono le missioni secondarie o persino quelle “nascoste”, che si possono attivare unicamente in alcuni frangenti parlando con determinati NPC. A causa dell’assenza di un viaggio rapido, che invece è presente persino nei primi due capitoli di Trails of Cold Steel, il tempo necessario per completare un’attività si allunga e darsi al completismo diventa pesante, e in un titolo in cui regnano i dialoghi questo diventa indubbiamente un problema, soprattutto per quel che riguarda il ritmo.
Il problema principale di questa pubblicazione occidentale di Trails from Zero però risiede nelle scelte operate da NIS America e Nihon Falcom. La versione PlayStation 4, giocata soprattutto in retrocompatibilità su PlayStation 5, risulta al momento quella peggiore (salvo eventuali aggiornamenti), mentre su Nintendo Switch e PC tale porting include diverse migliorie grafiche assenti per l’ex-ammiraglia di casa Sony.
Bisogna puntualizzare che le produzioni di Nihon Falcom non hanno mai vantato budget faraonici, sebbene attualmente l’azienda nipponica disponga di un engine nuovo di zecca e casalingo (abbandonando a tutti gli effetti quello offerto in tempi distanti da Sony), ma la discrepanza tra le sue ultime produzioni e The Legend of Heroes: Trails from Zero è piuttosto evidente e non aiuta di certo il titolo a farsi valere come dovrebbe. La pigrizia si palesa facilmente, e la localizzazione in inglese non vale da sola il biglietto d’ingresso, soprattutto per chi ha già avuto modo di approcciarsi al gioco su PC grazie alle ottime traduzioni dei fan che esistono da tempo immemore.
È davvero un peccato che tale titolo non abbia beneficiato di alcun update, visto che parliamo di un titolo PSP con personaggi modellati in stile chibi, le cui espressioni ed animazioni si fanno notare solamente delle strisce di dialogo con le consuete illustrazioni dei personaggi. Anche gli ambienti di gioco, seppur contenuti, mostrano il fianco, rendendo il tutto visivamente insufficiente. Si salva però il doppiaggio originale, i cui accostamenti vocali risultano come un tempo decisamente azzeccati.
The Legend of Heroes: Trails from Zero è un tassello importante per il macro racconto della saga di casa Nihon Falcom. Per gli appassionati che non hanno ancora avuto modo di recuperare tale capitolo è un appuntamento irrinunciabile, nonostante il grosso interrogativo sul porting. Da una trama coinvolgente e mastodontica ad un gameplay solido, Trails from Zero rimarca i suoi punti di forza, confermandosi un entry point molto importante per la serie.
Se non avete avuto ancora modo di affacciarvi al grande racconto di The Legend of Heroes, il mio personalissimo consiglio è quello di iniziare da qui, per poi godervi l’evoluzione della storia e del suo gameplay nella tetralogia dei Trails of Cold Steel. Se invece avete già avuto modo di vivere le disavventure di Lloyd Bannings attraverso altri canali preferenziali, questa operazione ahimè non fa al caso vostro.
Special thanks to NIS America
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