Avatar: The Last Airbender torna nelle librerie con un nuovo capitolo intitolato Squilibrio. Questa volta il “team Avatar” vede al lavoro nomi diversi dal solito: con l’aiuto dei creatori della saga, Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko, le avventure proseguono grazie alla scrittura di Faith Erin Hicks e ai disegni di Peter Wartman.
Iniziamo dicendo che questo cambio di testimone non è stato del tutto indolore. La crescita dei personaggi e la qualità grafica restano coerenti con i precedenti fumetti e con il mondo fantastico che ci si aspetta, ma il problema sorge a livello di scrittura: a differenza degli altri volumi, infatti, qui sembra esserci della confusione riguardo al pubblico di riferimento. Cosa che giunge inaspettata, data invece la riuscita, da questo punto di vista, della saga di Korra, per alcuni versi indirizzata a un pubblico anche più maturo.
Via via che la saga di Aang procede, i ragazzi e i bambini che se ne sono innamorati si fanno adulti e anche i protagonisti crescono con loro; l’approccio dovrebbe un po’ mutare a sua volta, ma parlare a un pubblico sia di giovanissimi che di adulti ovviamente non è facile: basta poco per perdere la magia e l’ironia del mondo di Avatar: The Last Airbender a discapito di una maggiore descrizione e profondità delle tematiche, cosa che purtroppo qui avviene.
La storia si concentra sulla problematica della convivenza fra i dominatori e i non-dominatori dopo la guerra, in una realtà dove i non-dominatori si sono dovuti fare furbi: creando dei macchinari per le fabbriche, hanno reso il lavoro dei dominatori praticamente inutile, spingendoli a doversi reinventare. Questo è il contesto che si vede nella città dei gru-pesce, dove ci sono le industrie della Terra e del Fuoco, fra le quali spicca una fabbrica di proprietà del padre di Toph.
La tensione in città è palpabile e si pensano varie soluzioni per cercare di far coesistere coloro che possono esercitare un dominio con coloro che non possono, ma ovviamente c’è sempre chi vuole tirare l’acqua al suo mulino, rompendo il fragile equilibrio e stabilendo così il predominio dei dominatori (ritenuti “superiori” a tutti gli altri). Essenziali per aiutare Aang nelle sue decisioni, come sempre, sono Katara, Sokka e Toph: con la loro diversità caratteriale permettono all’Avatar di poter sempre tenere in considerazione i vari punti di vista che incarnano.
In Squilibrio però manca qualcosa che si sta perdendo nei vari volumi della saga: il messaggio che si cerca di veicolare è sempre importante (uguaglianza, ricerca di soluzioni non violente, ascolto, capacità di reinventarsi, apprezzare il valore di ogni persona e così via), ma mancano quei piccoli siparietti comici che rendono la serie tanto amata, quei piccoli stacchi ironici che fanno capire che, volontariamente o no, anche nel dramma possono avvenire cose che strappano un sorriso; qualcosa insomma che faccia capire che una situazione negativa non porta solo ed esclusivamente negatività. Si cerca di avere un piccolo intervento comico grazie all’aiuto di Momo, ma purtroppo si perde nelle pagine, risultando quasi forzoso (così come qualche intervento di Sokka, purtroppo relativamente tiepido rispetto agli standard).
Prendere in mano l’eredità di una saga come Avatar: The Last Airbender non è facile, e Squilibrio si dimostra un volume doppiamente di transazione, sia perché c’è il passaggio a diversi autori, sia perché la storia non termina e risulta quindi preparatoria per proseguire quantomeno nel prossimo volume.
Squilibro resta nonostante tutto una lettura interessante e ben illustrata (specialmente nei dettagli e nei momenti dinamici dei combattimenti), che permette di avere tanti spunti di riflessione distaccandosi però un po’ troppo dal pubblico più giovane.
Un ringraziamento speciale a Tunué
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