Si dice che nella vita le cose più belle arrivino spesso in maniera imprevista: quando non ti fai alcuna aspettativa, rimani molto più piacevolmente sorpreso. Nel mondo videoludico, questo “mantra” è quasi sempre azzeccato, pensateci! Quante volte siamo stati delusi da opere su cui avevamo messo ogni grammo di fiducia? Tantissime. Ma in compenso, quante volte siamo rimasti meravigliati da giochi che non ci avevano mai promesso niente, ma ci hanno dato praticamente tutto? Sempre tantissime.
Tutto questo giro di parole per farvi capire quanto Star Wars Jedi: Fallen Order sia stato importante per molti giocatori. In un’epoca in cui la controparte videoludica di Star Wars iniziava a morire dissanguata a causa dell’avidità di EA, Respawn Entertainment è riuscita quasi da sola a far nascere una nuova speranza nei fan. Il primo gioco dedicato a Cal Kestis fu un successone, sia di critica che di vendite (toccando i 10 milioni di copie vendute), portando Electronic Arts a dare estrema fiducia a Respawn.
Dopo un lancio così di successo, l’annuncio di un sequel era inevitabile, e oggi Star Wars Jedi: Survivor è finalmente nelle nostre mani. A differenza del primo gioco, però, questa volta le aspettative c’erano eccome, e da fan sfegatato sia di Fallen Order che della saga creata da George Lucas, avevo riposto io stesso grosse speranze in questo progetto. Sarà riuscita Respawn a mantenere la qualità vista nel primo titolo, o la troppa pressione si sarà rivelata fatale?
Prima di addentrarmi nell’analisi della tanto discussa parte tecnica e del gameplay di Star Wars Jedi: Survivor, voglio dedicare la giusta importanza a una delle cose meglio riuscite di quest’opera, ovvero la sua trama. Se siete estimatori della saga, siete anche consapevoli della grossa valenza che questa ha avuto sulla cultura pop: tra libri, fumetti, giochi, serie tv e ovviamente film, l’universo narrativo di Star Wars ormai è diventato qualcosa di mastodontico. Ma più una cosa assume proporzioni gigantesche, più è facile che diventi instabile e cada, facendo anche molto rumore. Le ultime opere a marchio Star Wars infatti sono state vittime di una qualità narrativa discutibile (specie se parliamo dell’ultima trilogia cinematografica), e a maggior ragione risulta sorprendente e allo stesso tempo ironico osservare come Survivor riesca quasi da solo a risollevare gli standard qualitativi.
Il racconto presente in questo gioco è praticamente tutto quello che un fan di Star Wars potrebbe desiderare: i ragazzi di Respawn sono riusciti non solo a migliorare la narrativa già solida di Fallen Order, ma addirittura hanno dato vita a una delle storie più toccanti e interessanti del franchise. Senza fare spoiler (perché questa volta sarebbe davvero un peccato), tra i punti forti del racconto del gioco c’è innanzitutto una cosa che le ultime opere hanno spesso dimenticato, ovvero il rispetto per la lore passata. Star Wars Jedi: Survivor non solo dà la giusta importanza agli eventi passati che hanno caratterizzato l’universo della saga, ma riesce persino a introdurre nuovi avvenimenti senza il bisogno di fare retcon imbecilli (Sì Gli Ultimi Jedi e L’ascesa di Skywalker, sto guardando proprio voi). Anche per questo motivo, la storia di Cal Kestis non sembra più un semplice filler buttato lì tanto per, ma una parte importante di questo universo.
Parlando proprio di Cal Kestis e in generale dei personaggi presenti in Survivor, sono rimasto molto colpito, principalmente perché ogni singola “pedina” di questa grande storia ha una valenza non indifferente. La cura nel voler approfondire le caratteristiche di tantissimi personaggi (non solo principali) rende la narrazione decisamente più bella e ramificata di tante altre della stessa saga. Qui tutti hanno un preciso scopo e tutti hanno dei motivi validi per essere ciò che sono. Kestis ha la paura di perdersi, Cere l’incertezza del domani e Greez la voglia di ricostruirsi. I cattivi inoltre non sono solo semplici automi guidati da futili motivi, ma personaggi in grado di insinuare più volte il dubbio su quale sia la cosa giusta da fare. Proprio questi “piccoli” tasselli, conditi anche da una serie di colpi di scena estremamente ben pensati, rendono l’intera storia di questo gioco una delle migliori mai viste nella saga di Star Wars. Certe svolte narrative sono di un’epicità unica.
Se però vogliamo trovare il proverbiale pelo nell’uovo, direi che il finale risulta un po’ anonimo, in particolar modo perché certe caratteristiche di Cal Kestis rimangono poco approfondite. In parte però capisco il perché di questa scelta, e il tutto può essere riassunto con una sola parola: sequel. Credo sia palese l’intenzione di approfondire certi aspetti in un potenziale prossimo capitolo, e mentre un lato la scelta ha senso (in quanto Survivor dà già tantissimo spazio a molte cose ben più importanti), dall’altro è impossibile non notare questa “mancanza”.
Il comparto narrativo di questo secondo Star Wars Jedi però non è stato l’unico ad aver subito un’evoluzione, infatti Survivor si presenta come un prodotto sensibilmente superiore rispetto al precedente anche dal punto di vista ludico. Bisogna precisare che Fallen Order, nonostante alcune magagne, al debutto si rivelò un titolo alquanto eccellente sul fronte del gameplay, di conseguenza ciò che fa il sequel è andare a correggere i pochi sbagli passati e portare al livello superiore qualcosa che era già ottimo di suo.
Un sentito plauso a Respawn per non aver ceduto alla tentazione di tramutare il gioco in un vero open world, rimanendo sulla posizione di preservare una struttura open map decisamente più funzionale e coinvolgente. L’intera struttura scelta per Survivor funziona in maniera magnifica, dando un ottimo senso di progressione ma anche tantissime attività da svolgere. Mi sono perso per ore a cercare di studiare la fauna dei vari pianeti, scovare diversi oggetti collezionabili e, soprattutto, cercare boss e miniboss ben nascosti in certi punti della mappa. Cosa molto importante: finalmente la minimappa/bussola non risulta più confusionaria come nel primo gioco; fin dall’inizio saranno ben chiari i percorsi intraprendere, le vie bloccate e, soprattutto, la collocazione dell’obiettivo corrente (cosa che in Fallen Order si rivelava spesso un incubo).
Le tante attività a disposizione rendono il titolo perfettamente bilanciato tra longevità e varietà di situazioni. Nelle mie 25 ore di gioco (dove 17 circa sono state dedicate alla campagna principale) raramente ho trovato momenti morti, rimanendo sempre concentrato e divertito da quello che Survivor mi metteva davanti. Il senso di scoperta, pur non essendo paragonabile ad altri giochi più blasonati, si rivela ben congegnato dando soddisfazione in maniera quasi garantita. Star Wars Jedi: Survivor infatti vanta un impianto ludico ideato in maniera estremamente intelligente, che spinge a rimanere incollati al gioco anche molto dopo la fine della campagna. Non saprei dirvi con precisione quanto tempo ci voglia per vedere e fare tutto, ma vi basti sapere che con 25 ore alle spalle il mio indicatore di completamento generale toccava a fatica il 50%.
Per quanto riguarda il combat system, anche questo è stato migliorato a dovere. Esattamente come Fallen Order, Survivor dà molta priorità ai combattimenti con la spada laser, utilizzando un sistema simile a quello visto in Sekiro. La differenza tra la produzione Respawn e quella FromSoftware sta di base nell’accessibilità più ampia della prima: come nel gioco precedente, anche questa nuova avventura di Cal Kestis offre l’opportunità di selezionare la difficoltà che si preferisce. Pur avendo una certa esperienza con i titoli From (specialmente con Sekiro) ho giocato per tutto il tempo a difficoltà media, e devo dire che ho notato comunque una buona sfida da parte dell’intelligenza artificiale avversaria, che non si è lasciata sconfiggere facilmente dalle mie abilità con la spada laser.
Infatti il gioco, pur dando tantissimi strumenti per affrontare al meglio i combattimenti, non vi terrà quasi mai per mano, rendendo buona parte degli scontri molto ben strutturati. Inizialmente, non vi sentirete un “dio sceso in terra” e ogni singolo sbaglio potrebbe rivelarsi fatale, ma anche quando il vostro Cal Kestis si evolverà, fareste meglio a non sottovalutare la minaccia nemica, in quanto basteranno pochi colpi ben assestati per farvi fuori. Questo “equilibrio” non solo amplifica ancora di più quello che dicevo diverse righe fa, ovvero che il gioco restituisce un vero senso di progressione, ma rende anche le fasi di gameplay adrenaliniche e (quasi) mai banali.
Inoltre, per diversificare a dovere Survivor da Fallen Order, sono state apportate varie aggiunte a livello di meccaniche come nuovi stili per la spada laser, nuove abilità per esplorare e sbloccare scorciatoie, e anche svariate opzioni per personalizzare Cal. Insomma, il lavoro per rendere migliore il titolo è stato magistrale, facendo sentire sia le qualità ottime del capitolo precedente che dando la giusta valenza al nuovo. Da questo punto di vista Respawn si conferma ancora una volta uno degli studi più validi dell’intero roster EA.
Eppure, come ormai ben saprete, Star Wars Jedi: Survivor ha delle criticità indubbiamente gravi considerando puramente il comparto tecnico, con un’ottimizzazione a dir poco vergognosa. Ho avuto modo di provare il gioco sia su PC (con una configurazione High-End) che su PlayStation 5. Sul lato PC non starò nemmeno a spendere tantissime parole, riservandomi solo di affermare che il gioco si è presentato in maniera pessima. Proprio per questo motivo ho deciso di spostarmi sulla controparte Sony, dove comunque i vari problemi di natura tecnica non hanno abbandonato la mia esperienza. Mi sono persino ritrovato costretto a spegnere tutto dopo un paio d’ore di sessione sentendomi fisicamente male, cosa che mi è successa davvero poche volte con un videogioco.
La colpa è da attribuire principalmente al frame rate, che scende in maniera tragica da 50/55 fps a 20 anche in circostanze in cui un problema simile non dovrebbe esistere (come in ambientazioni chiuse). Ma il frame rate “ballerino” non è l’unica problematica tecnica in cui mi sono imbattuto durante le mie sessioni: tra crash vari che mi hanno fatto perdere minuti buoni di gioco, un forte tearing e un ghosting esagerato, ho pensato diverse volte che da un momento all’altro alla mia amata PS5 sarebbe venuto un ictus. Un comparto tecnico così male ottimizzato non si vedeva dai tempi di Cyberpunk 2077, e questa grossa macchia costa svariati punti a Survivor.
C’è spezzare una lancia in favore di Respawn che, in questi giorni, si è dedicata a rilasciare svariati aggiornamenti per rendere l’esperienza molto più godibile. Proprio prima di chiudere questa recensione ho avuto modo di testare l’ultimo aggiornamento e la mia reazione è stata abbastanza tiepida. Sicuramente la patch rende il gioco più stabile su console (non so dirvi su PC), ma siamo ancora ben lontani da un prodotto ben ottimizzato. Viste le circostanze, mi viene quasi da pensare che il tutto sia dovuto a un rush interno, e mi spiace molto, dal momento che queste problematiche potrebbero costare la potenziale candidatura del titolo ai Game Awards.
Star Wars Jedi: Survivor è qualcosa di concettualmente mastodontico, il prodotto perfetto per gli amanti di Star Wars e un esempio di come andrebbe strutturato il sequel di un gioco tanto amato. Tuttavia, il lato tecnico discutibile e la pessima ottimizzazione rendono il titolo consigliabile solo a pochi e soprattutto a chi ha più pazienza. Poteva essere un capolavoro, ma la fretta e l’avarizia hanno fatto di nuovo danni. Malgrado tutto, però, Survivor rimane uno dei migliori giochi mai dedicati all’universo di Star Wars, e va giocato (magari al tempo giusto) e lodato per quello che riesce a fare, specie se siete fan del franchise.
Un ringraziamento speciale a EA
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