Sono ormai quasi 10 anni che i Marvel Studios sono garanzia di intrattenimento, azione e divertimento nelle sale di tutto il mondo, ma il connubio sul piccolo schermo assieme a Netflix ha portato ad un notevole e quasi inaspettato incremento sul piano della qualità al Marvel Cinematic Universe (non che prima mancasse, sia ben chiaro). A seguito delle 2 stagioni di Daredevil, la stagione di Jessica Jones ed in attesa di Iron Fist a Marzo, Marvel e Netflix hanno finalmente sfornato questi 13 episodi di Luke Cage, personaggio già conosciuto in Jessica Jones che ha momentaneamente intrapreso il suo percorso in solitaria nel quartiere nero Newyorkese di Harlem.
Già dalle prime puntate è chiaro come la produzione abbia voluto dare una propria, personalissima impronta allo show: dopo il supereroistico legal drama che è stato Daredevil, e dopo il noir investigativo e psicologico Jessica Jones, ecco la ghetto story tutta black del Capitan America di Harlem.
Dopo gli avvenimenti di Jessica Jones, Luke è alla ricerca di stabilità e di tranquillità, ma non può esimersi dal contrastare la delinquenza, la corruzione e la prepotenza che serpeggiano nella “sua” Harlem, soprattutto quando ci sono di mezzo persone a lui care. E’ questo l’incipit della serie che, grazie agli intelligentissimi trailer che saggiamente poco o nulla di rilevante hanno mostrato, riesce ad avere degli sviluppi per nulla scontati. Attraverso i 13 episodi abbiamo modo di conoscere in maniera ordinata e coerente tutti i personaggi della storia: dal trafficante Cottonmouth al criminale Shades, dalla losca Black Mariah (la sempre maiuscola Alfre Woodard) alla detective Misty Knight (inaspettata sorpresa della stagione), per proseguire con altri inattesi ed assolutamente non meno rilevanti.
La prima differenza che balza subito all’occhio dello spettatore dopo le prime puntate è la mancanza di un vero e proprio villain principale all’interno della storia, al contrario dei magistrali Kingpin e Kilgrave visti rispettivamente in Daredevil e Jessica Jones. Questa “mancanza” che per molti potrebbe essere un punto a sfavore della serie, viene abilmente gestita dagli sceneggiatori, che col proseguire delle puntate continuano a ridisegnare le gerarchie dei personaggi all’intero della storyline. Se infatti da un lato fino al giro di boa della serie continuano ad essere inseriti personaggi inaspettati, dall’altro ne escono di scena altrettanti che fino a quel momento si pensava potessero accompagnarci per l’intera stagione, il tutto in maniera coerente, attraverso colpi di scena ben orchestrati e mai banali.
Per quanto riguarda il protagonista, era già chiaro nelle puntate di Jessica Jones di come il personaggio calzasse a pennello per Mike Colter, in grado di interpretare un ottimo e convincente Luke Cage. Non mancano alcune piccole differenze caratteriali con la controparte fumettistica, molto più burbera e dai modi meno gentili, ma questo poco toglie alla prestazione e alla credibilità dell’attore. L’approfondimento psicologico inoltre viene ben esplicato nel corso degli episodi grazie anche ad un background diligentemente costruito, anche attraverso flashback non ingombranti e perfettamente funzionali alla narrazione (l’esatto opposto di quelli di Arrow, per intenderci), che permettono gradualmente di far luce sul passato più o meno recente di Luke e soprattutto della sua famiglia…
Ben riuscito poi il rapporto instauratosi con l’ “infermiera di notte” Claire Temple (interpretata sempre dalla elegante Rosario Dawson), quasi co-protagonista, divenuta ufficialmente il collante tra tutte le serie Marvel/Netflix così come lo fu Phil Coulson (Clark Greg) nei lungometraggi Marvel fino al primo Avengers; è piuttosto chiaro che sarà il suo personaggio uno degli artefici dell’incontro dei 4 Difensori, non a caso pare essere più impaziente degli spettatori, continuando a ripetere a Jessica e Luke che conosce “un buon avvocato” che potrebbe aiutarli…e non solo in ambito giuridico, si potrebbe aggiungere.
Al contrario di Marvel’s Agents of SHIELD, invischiata anima e corpo nelle questioni delle pellicole cinematografiche, e mantenendo la linea dei suoi predecessori, la serie conserva la propria autonomia narrativa non facendosi mancare la giusta misura di violenza mai gratuita, e di inevitabili citazioni e riferimenti all’MCU, passando per una corretta dose di ironia per nulla invadente che contribuisce a spezzare la tensione in determinati frangenti.
Nonostante l’effettistica non sempre ineccepibile e make up a tratti dozzinali (vedesi la sequenze ambientate nel carcere di Seagate) Luke Cage riesce egregiamente a ritagliarsi il suo spazio all’interno dell’universo Marvel, dissuadendo lo spettatore, col procedere delle puntate, a paragoni con le analoghe serie. Questo, oltre a quanto già detto, è reso possibile principalmente anche grazie ad una colonna sonora unica e quanto mai azzeccata, che attraverso le musiche soul/r&b che risuonano nell’Harlem Paradise (e abilmente usate anche per accompagnare momenti salienti) riescono a far immergere totalmente lo spettatore nelle “black” streets di quartiere, teatro delle avventure dei protagonisti.
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