Pensate a ciò che vi riesce meglio nella vita, e immaginate di perdere per sempre la possibilità di farlo nel giro di pochi istanti. Questa è la storia del Dottor Stephen Strange, neurochirurgo di fama e talento smisurati quanto il suo ego, che a seguito di un terribile incidente d’auto si ritrova con le mani irrimediabilmente lesionate e dunque la carriera distrutta.
Strange però non è uno che si arrende facilmente e fa della voglia di guarire e riavere indietro la propria vita un’ossessione. Prova senza successo tutte le cure sperimentali possibili, spendendo fino all’ultimo centesimo, finché questa ricerca lo conduce in Nepal al cospetto dell’Antico, da cui apprenderà molto più che una semplice via per la guarigione, rimettendo in discussione se stesso e tutte le leggi della scienza da lui conosciute.
Nelle prime sequenze il film mostra subito i muscoli, mettendoci di fronte alle prime scene di magia psichedeliche, con ambientazioni che mutano e si accartocciano su se stesse, e che all’inizio richiamano inevitabilmente alla memoria quelle più famose di Inception, ma in seguito ci si rende conto di quanto effettivamente qui abbiano uno stile proprio ed unico. A suon di dimensioni parallele, corpi astrali ed incantesimi si assiste ad un tripudio di effetti visivi semplicemente meravigliosi, che vi terranno incollati allo schermo e vi faranno dubitare dell’analcolicità della bibita che state sorseggiando.
L’impatto visivo è in assoluto il maggior punto di forza del film, ciò che più di tutto lo rende particolarissimo e differente dalle altre produzioni cinematografiche Marvel; c’è da sottolineare che oltre a dei visual effects curatissimi è stato fatto un lavoro eccezionale anche in materia di costumi e make up. Ottima anche la regia, che riesce a destreggiarsi abilmente in sequenze d’azione in cui cambia continuamente la prospettiva, e forse risulta leggermente confusa solo in un paio di punti durante dei combattimenti, ma davvero, Scott Derrickson è riuscito a dar vita a scene assurde con un’eleganza disarmante e gliene va dato merito. In particolare tutta la parte finale del film, dove ad un certo punto vediamo scorrere tutto a ritroso eccetto i protagonisti, è una roba da applausi.
Ciò che meno mi ha entusiasmato di Doctor Strange è la sceneggiatura. Francamente da un cinecomic con un eroe così atipico mi aspettavo qualcosa di molto più coraggioso, e invece per la maggiore si sono voluti seguire i binari sicuri della classica storia delle origini. Tutta la prima parte del film dedicata all’incidente di Strange, la sua convalescenza, la frustrazione e la disperazione che ne conseguono, è molto toccante e realizzata in modo tale da far entrare lo spettatore in empatia col protagonista, solo che mentre questa è caratterizzata da tempi giustamente più lenti per dare risalto alla drammaticità che lo accompagna, per tutto il resto alle volte si è spinto un po’ troppo il piede sull’acceleratore: come spesso accade, a momenti non si dà neanche il tempo allo spettatore di rendersi conto che l’eroe ha acquisito dei poteri, che già lo vede affrontare un’imminente apocalisse senza troppe difficoltà.
Altre cose che mi hanno fatto storcere il naso, sempre in tema di scrittura del film, sono l’implausibilità di alcune scene ambientate in ospedale, dove Strange compare con abiti bizzarri per portare in sala operatoria se stesso o altre persone senza che nessuno attorno si faccia alcun tipo di domanda, e l’umorismo a volte eccessivo. Oh niente, sembra davvero che la Disney debba sempre entrare a gamba tesa nelle sceneggiature di questi film imponendo un “qua si deve ridere”: “ma Lord Mickey, questa è una scena piena di pathos, forse è un po’ fuori luog-” “QUA.SI DEVE.RIDERE!” Ed ecco che mentre sei carico d’adrenalina per un combattimento nel bel mezzo di questo subentra la scenetta comica, che lì per lì ti strappa anche un sorriso, per carità, ma poi ci rimani male perché ti accorgi che ha smorzato tutta la bella tensione di quel momento. Non fraintendetemi, non è che non mi piace l’umorismo nei cinecomic, vorrei solo venisse dosato meglio, in particolare in film come questo dal contesto complessivamente serio, dove poi ci sono anche momenti molto drammatici con tanto di sangue e punti di sutura mostrati in maniera cruda.
E per la serie “non impariamo mai dai nostri errori” è giunto il momento di parlare del villain. Sinceramente speravo che la presenza dell’eccellente Mads Mikkelsen nel ruolo dello stregone Kaecilius avrebbe finalmente permesso di vedere un cattivo davvero degno di nota all’interno di un film Marvel, e invece anche stavolta ci troviamo davanti a un personaggio che non viene particolarmente percepito dallo spettatore come una minaccia, non dà granché filo da torcere al protagonista, è caratterizzato in maniera superficiale e per questo non si riesce a capire concretamente perché fa quello che fa. Che poi, povero Mikkelsen, lui la sua parte la fa più che bene, ma il problema è alla base.
Per quanto riguarda Benedict Cumberbatch, invece, non si poteva scegliere attore migliore per il ruolo di Stephen Strange, d’altronde parliamo di un eroe che non ha bisogno di muscoli imponenti, ma di una mente eccezionale, e chi meglio di colui che ha portato sul piccolo schermo uno dei migliori Sherlock Holmes mai visti? Per fortuna nel caso del protagonista la bravura dell’attore si accompagna ad un’ottima scrittura del personaggio, e vi dirò di più: a giudicare da quanto mostrato in una delle scene dopo i titoli di coda, è molto probabile che l’universo cinematografico Marvel abbia trovato il futuro successore di Tony Stark.
Rimanendo in tema di cast, prima dell’uscita del film si sono succedute un sacco di polemiche (vabè, sai che novità di questi tempi) per la scelta di Tilda Swinton nel ruolo dell’Antico, sostanzialmente perché non è asiatica ed è una donna, al contrario di come appare il personaggio nei fumetti. Innanzitutto sono 10 anni che nei film Marvel vengono fatte pesanti modifiche rispetto a ciò che c’è nei fumetti, sarebbe anche ora di farsene una ragione, sono media differenti con esigenze differenti, poi andate a vedere il film senza pregiudizi e ditemi se la Swinton non è perfetta per il ruolo: a parte la sua rinomata bravura di attrice, con il suo viso particolarissimo e conciata a quel modo trascende qualsiasi concezione di razza o sesso e restituisce davvero l’idea di un essere immortale e superiore.
Doctor Strange è un film che ogni appassionato di cinecomic e del Marvel Cinematic Universe non può assolutamente perdersi. Certo, c’erano le potenzialità per osare di più, ma sicuramente non delude grazie ad una qualità complessiva ottima e il fatto di essere a suo modo qualcosa di mai visto nel genere, oltre a costituire un nuovo ed importante tassello nel mosaico dei film Marvel Studios, in cui l’ingresso di questo nuovo personaggio potrebbe avere una rilevanza non indifferente.
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