Spesso fantastichiamo su come potrebbe essere la vita senziente su altri pianeti, dando forma con la nostra immaginazione ad alieni di ogni tipo, magari con modi di parlare e muoversi assurdi o semplicemente buffi dal nostro punto di vista. Raramente però ci soffermiamo a pensare a quanto sia assurda già solo la nostra esistenza sul pianeta Terra, tra tutti i nostri piccoli e grandi affanni quotidiani, e cose come la necessità di scrivere “contiene noccioline” sui pacchetti di noccioline per cui forse dovremmo rivedere il concetto di forma di vita intelligente.
Nathan W. Pyle con il suo fumetto Strange Planet si diverte proprio a creare uno specchio del nostro mondo, ma popolato da alieni blu, che in un certo senso ci permetta di vederci da fuori escludendo la possibilità di immedesimarci fino in fondo. Il risultato è un contesto allo stesso tempo familiare ed estraneo che sprigiona inevitabilmente simpatia, ed è forse la chiave del suo successo sia su carta che nel web, a seguito del quale Strange Planet ha da poco compiuto il salto sul piccolo schermo sbarcando su Apple TV+ con una serie animata.
Il progetto è guidato dallo stesso Pyle assieme a Dan Harmon, uno dei due creatori di Rick e Morty, ma non lasciatevi fuorviare da quest’ultimo dettaglio: Strange Planet non ha nulla di eccessivo e neanche di fantascientifico, nonostante ci siano degli alieni al centro delle vicende. La cosa più fantascientifica che c’è forse è una macchina per i pancake capace di sfornarne magicamente a quintali.
Proprio per questo, al termine della visione mi ha stranito ripensare al fatto che sia stata pubblicizzata come una serie per adulti. È una delle cose più pulite e positive che abbia visto negli ultimi tempi, e di adulto presenta in generale situazioni lavorative o sentimentali ma senza alcunché di esplicito, oppure si vedono personaggi che bevono alcolici o caffè che però vengono chiamati in altri modi, tra l’altro non particolarmente invitanti. La birra ad esempio diventa “veleno lieve” (mild poison) e il caffè “liquido del nervosismo” (jitter liquid).
Insomma, penso che la visione della serie sia sicura anche per dei bambini (ecco, magari affiancati da un adulto), che pur non potendo immedesimarsi in alcune vicende potranno coglierne gli aspetti più buffi e i bei messaggi.
Ma quindi di cosa parla Strange Planet? Essenzialmente, si tratta di uno slice-of-life che segue le vicende quotidiane di questi extraterrestri. Sebbene ci siano alcuni personaggi ricorrenti non c’è un vero protagonista, non vengono fatti nomi, e i 10 episodi funzionano benissimo anche a sé stanti, ma consiglio di guardarli comunque tutti nell’ordine in cui vengono proposti, perché insieme formano un simpatico universo narrativo.
Si va da situazioni prettamente comiche a riflessioni piuttosto profonde sulla brevità della vita, il trovare uno scopo, avere e perdere qualcuno di importante… si potrebbe dire che l’esistenza, con tutte le sue sfaccettature, sia la vera protagonista dello show, e il bello è che le tematiche vengono espresse con una leggerezza tale da lasciare con il sorriso ma senza essere svilite. Alla fine c’è sempre qualcosa da imparare nel vedersi rispecchiati in questi alieni blu, così diversi eppure così simili a noi.
Un aspetto particolarmente interessante di Strange Planet, come accennato poco sopra, è senza dubbio il linguaggio utilizzato, che fa leva su una diffusa neutralità. È un po’ come immaginarsi appunto degli extraterrestri che cerchino di descrivere cose umane a loro sconosciute, di conseguenza oltre agli esempi già fatti della birra e del caffè abbiamo i gatti (o almeno la loro controparte aliena) chiamati “creature vibranti”, i genitori “donatori di vita”, i soldi “valuta”, gli anni “rivoluzioni attorno al sole”, poi viene detto “gratitudine” anziché grazie e così via. Gli stessi alieni blu tra loro si chiamano semplicemente “esseri” e non essendoci una distinzione chiara dei sessi usano tutti il pronome neutro “they”.
Questa totale neutralità riesce ad essere spassosa per l’inventiva con cui sono state rinominate molte cose, e rende il tutto bizzarro quanto basta per dare l’idea di qualcosa di “alieno”, ma allo stesso tempo è un punto debole di Strange Planet. Questo perché, rispetto alle veloci strisce a fumetti, in episodi da 20/25 minuti ciascuno che condividono spesso personaggi e ambientazioni il fatto che sia tutto così indistinto impatta negativamente sul coinvolgimento.
Dal lato visivo la serie non è nulla di particolarmente sbalorditivo, ma funziona tutto a dovere tra disegni semplici e puliti, colori pastello e un’animazione prevalentemente 2D con inserti 3D che si integrano armoniosamente a tutto il resto. Infine niente male le musiche: soprattutto nel primo episodio The Flying Machine, in cui c’è una storyline su una band, si trovano un paio di canzoni carinissime.
Strange Planet è carinissima in generale, diverte e lascia addosso belle sensazioni positive. Purtroppo però non riesce ad andare granché oltre questo, e al termine della visione il ricordo degli episodi tende a svanire rapidamente, complice la neutralità di cui è infusa che rende sì il tutto caratteristico, ma allo stesso impedisce a qualsiasi cosa di spiccare davvero e rendersi memorabile, come ad esempio i personaggi ricorrenti. In ogni caso l’ultimo episodio offre un aggancio per una seconda stagione, e sarei sicuramente felice di vedere altri episodi della serie, perché stare per un po’ in compagnia di questi esseri blu mette serenità. Gratitudine per aver letto questa mia sequenza di parole giudicanti.
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