Bastarden – La Terra Promessa, un’oscura favola pastorale intrisa di lotta di classe

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Voto:

Se le grandi aspettative nei confronti di El Conde di Pablo Larraín sono state disattese, lo stesso non si può dire per Bastarden – La Terra Promessa, altro film attesissimo all’80ª Mostra del Cinema di Venezia: un dramma storico firmato dal regista danese Nikolaj Arcel e con protagonista un sempreverde Mads Mikkelsen (Un altro giroIndiana Jones e il Quadrante del Destino). Un lungometraggio che si è subito imposto tra i migliori del festival.

Ambientato nel 1755 in Danimarca, racconta la parabola del capitano Ludvig Kahlen (Mikkelsen) che, di ritorno da una spedizione, decide di partire in solitaria per lo Jutland, così da assecondare il volere del re Federico V che vorrebbe fondare una colonia nella brughiera (notoriamente, una terra brulla e inospitale). Il protagonista di umili origini spera infatti di guadagnarsi da vivere e di entrare nelle grazie del sovrano per riscattare il suo onore. Purtroppo non sa che il giudice e latifondista Frederik de Schinkel (Simon Bennebjerg), il nobiluomo più potente della contea che fa da sfondo alle vicende, è intenzionato a mettergli i bastoni fra le ruote con ogni mezzo possibile. Uno scontro efferato è inevitabile.

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La storia è tratta dal romanzo Kaptajnen og Ann Barbara (“Il capitano e Ann Barbara”, inedito in Italia) della pluripremiata scrittrice danese Ida Jessen e gode di un incipit graduale che, grazie a meravigliosi campi lunghi e lunghissimi, dipinge lo Jutland per quello che era centinaia di anni fa: una terra ostile dai cieli sterminati. Tutto questo, benché perversamente affascinante e bucolico, avvolge Ludvig e lo lascia solo, in un territorio dove pare impossibile vivere e coltivare.

Isolato e “consolato” solo da freddi ma poetici silenzi, l’uomo è mosso da un piano testardo e dal disperato desiderio di ottenere un titolo reale. Inizia così la costruzione di quella che lui chiama “La casa del Re“, un progetto che porta avanti con precisione ed estrema dedizione per fondare la prima, vera colonia della corona di Danimarca.

Gli eventi subiscono una svolta inaspettata quando alla porta del Capitano si presentano due persone: Johannes Eriksen (Morten Hee Andersen) e Ann Barbara (Amanda Collin), rispettivamente servitore e cameriera del perfido de Schinkel. La coppia è fidanzata e offre i propri servigi a Ludvig che accetta, in cambio, di tenerli nascosti dall’avido nobile dal quale sono fuggiti. Quest’ultimo, però, non impiega molto tempo a scoprirli e, giurando vendetta, ostacola il rivale per fargli capire che le terre in cui vive “gli spettano di diritto”.

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La lotta di classe all’ultimo sangue che si accende tra Ludvig e Frederik è una logorante battaglia impari e mostra il personaggio interpretato da Mads Mikkelsen come un uomo bersagliato da sabotaggi, briganti e dall’entourage di de Schinkel stesso (senza dimenticare gli spietati elementi atmosferici). A questo proposito, due comprimari di spicco sono la provocante Edel Helene (Kristine Kujath Thorp), la cugina norvegese del nobile, e Anmai Mus (Melina Hagberg), una bambina destinata a cambiare per sempre la vita del povero militare.

L’ottima sceneggiatura di Anders Thomas Jensen (Riders of Justice) smuove il pubblico e lo porta a tifare per Ludvig, nonostante le vicende diano sempre l’impressione che tutto stia per capitolare da un momento all’altro. Il Capitano è il figlio illegittimo di una serva e di un proprietario terriero, da qui il titolo Bastarden (“Il bastardo”). Un eroe tragico, malinconico ma imperterrito, che continua a essere servo del re, senza curarsi delle interminabili angherie.

Peccato, tuttavia, che Federico V non sappia nemmeno chi lui sia. Infatti, il monarca entra in scena soltanto una volta e il suo viso non viene nemmeno mostrato: egli non è altro che una presenza che aleggia per tutto il film e che potrebbe sovvertire improvvisamente le regole del gioco, a scapito di tutti i partecipanti. Il padrone dei padroni che c’è, ma non si vede.

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Questa mia lettura mi porta anche a fare un parallelismo con il capitalismo odierno: si lavora incessantemente, ma le proprie fatiche non vengono mai riconosciute, anzi si viene sempre spinti al limite, con il rischio di perdere tutto (beni e sanità mentale). Bastarden è quindi uno scontro tra miseria e nobiltà, caratterizzato da una marcata spirale di violenza; una guerra che pone un quesito da non sottovalutare: vale davvero la pena spaccarsi la schiena per raggiungere la ricchezza e l’onore?

Bastarden parla di perseveranza e redenzione, del riscatto dell’uomo “vero”, fatto da sé, partito quasi dal nulla e che procede tra scelte destinate a cambiare la sua esistenza. In questo, Mikkelsen buca lo schermo portando in scena un Capitano estremamente calcolatore, ma che impara che nella vita non si può prevedere ogni cosa. Nella sua lotta contro la natura – che diviene anche una lotta tra persone – Ludvig Kahlen è un individuo semplice e arido come la terra che coltiva, ma al contempo assai sfaccettato; un self-made man gelido che però riesce anche a essere straordinariamente amorevole. “Un uomo solitario e concentrato nel raggiungere un obiettivo e, allo stesso tempo, imbrigliato in qualcosa che odia. Una storia complessa e bellissima” per usare le parole di Mads Mikkelsen in persona.

Se Ludvig è quasi un Argonauta che punta al suo vello d’oro, di contro Frederik de Schinkel è un viscido omuncolo che riesce a risultare odioso dal primo minuto in cui appare, fino alla fine del racconto. Un personaggio che ha affascinato Simon Bennebjerg (Il colpevole – The Guilty) sin dall’inizio, in quanto dotato di una tragicità intrinseca, mista a dell’istrionica teatralità.

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Impossibile poi ignorare le donne di questo lungometraggio: tutte comprimarie dalla forte presenza scenica, soprattutto se si parla di Amanda Collin (Raised by WolvesHouse of the Dragon) nei panni di Ann Barbara e della giovanissima Melina Hagberg in quelli di Anmai Mus. La seconda, in particolare, apre una sottotrama che acquista via via tanta importanza nella chimica degli eventi e dove si affronta anche, con eleganza, la delicata tematica del razzismo.

Le grandi interpretazioni attoriali sono supportate a dovere da una regia posata che, però, non lesina su frangenti violenti e sanguinolenti che ricordano quanto può essere feroce e caotico il destino. Nikolaj Arcel non spreca nemmeno un’inquadratura e carica ogni scena di emotività. In ciò viene aiutato dall’incantevole fotografia di Rasmus Videbæk (La torre nera) che mostra i muscoli specialmente nelle sequenze notturne, illuminate solo da fiaccole e lanterne che creano fantastici chiaroscuri.

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Quanto alla ricostruzione storica, citando la collega Polio con cui ho avuto il piacere di condividere il film, siamo su livelli impeccabili sotto tutti i punti di vista. Arcel, a detta sua, ha sempre amato i drammi storici ed epici e si vede chiaramente: il suo Royal Affair del 2012 ne è un buon esempio. Per Bastarden ha voluto sfruttare per lo più suggestioni da Morte a Venezia di Luchino Visconti, ma in conferenza stampa ha ammesso di aver inserito anche elementi propri del western.

Non a caso, da folle amante del genere, ho fatto subito caso a influenze dai cosiddetti “western dell’anima” come Sentieri selvaggi di John Ford o Il cavaliere della valle solitaria di George Stevens, brutali nel mostrare i rischi della tanto agognata frontiera.

Per certi aspetti, la parabola a cui gli spettatori assistono riporta alla mente Il petroliere di Paul Thomas Anderson, un’opera perfetta nel delineare la sete di potere che corrode l’animo umano. Da sottolineare, in ultimo, le eccellenti atmosfere fiamminghe della brughiera che un appassionato d’arte potrebbe ricondurre a quadri come I mangiatori di patate di Van Gogh o Le spigolatrici di Millet.

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In altre parole, Bastarden è un lungometraggio entusiasmante con un’impostazione orgogliosamente classica. Peccato solo per il suo finale che, sebbene risolva tutte le questioni narrative, risulta leggermente tirato per le lunghe. Nikolaj Arcel e i suoi collaboratori hanno confezionato una pellicola che non vuole essere rivoluzionaria, ma che riesce a toccare tutti i tasti giusti affinché si rimanga incollati allo schermo.

Bastarden è a oggi il mio film più personale. Io e Anders Thomas Jensen volevamo raccontare una storia epica e grandiosa su come le nostre ambizioni e i nostri desideri siano destinati a fallire se rappresentano la sola cosa che abbiamo. La vita è un caos; dolorosa e sgradevole, bella e straordinaria, e spesso non la possiamo controllare. Come dice il proverbio: “Noi facciamo piani e Dio se la ride” – Nikolaj Arcel

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Videogiocatore incallito, cinefilo dalla nascita, attore di teatro e batterista da diversi anni. Adoro approfondire qualsiasi cosa abbia a che fare con l'arte e l'audiovisivo: è difficile fermarmi quando inizio a scrivere o a parlare focosamente di ciò che amo.

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