Il bello di una casa di produzione (e distribuzione, in questo caso) come la A24 è il suo interesse nel far arrivare al grande pubblico pellicole dai piccoli budget, così da smuovere un mercato saturo sempre dei soliti blockbuster e con logiche produttive non così sane. Una manovra sicuramente riuscita, considerando anche solo il recente successo di Everything Everywere All At Once.
Figlio della nuova generazione di horror finanziati proprio dalla A24, Talk To Me è il film d’esordio di Danny e Michael Philippou, due gemelli australiani provenienti dal mondo di YouTube: il loro canale RackaRacka è stato creato nel 2013 per portare principalmente contenuti horror-comedy (soprattutto corti amatoriali nei quali i due sperimentavano vfx e sfx) e conta ormai quasi 7 milioni di iscritti. I fratelli sono entrati per la prima volta nel mondo del cinema come macchinisti ed elettricisti per il film del 2014 Babadook, anch’esso prodotto tra le altre dalla Causeway Films, che 8 anni dopo ha creduto nel loro progetto.
Talk To Me narra la storia di Mia (Sophie Wilde), un’adolescente australiana che vive sola con il padre dopo la morte della madre, un lutto che dopo 2 anni non è ancora riuscita a elaborare, portandola a “rifugiarsi” spesso dalla compagna di scuola Jade (Alexandra Jensen) per evitare la solitudine. Mia più che un’amica è quasi una nuova sorella per Jade, ma soprattutto per il suo fratellino tredicenne Riley (Joe Bird), che si accompagna sempre alle due ragazze.
I problemi iniziano durante una festa (in stile americano) organizzata da alcuni ragazzi più grandi, la cui attrattiva principale è una mano di porcellana che riesce a mettere in contatto con gli spiriti, portando il suo utilizzatore ad essere posseduto fintanto che la stringe. I ragazzi ne faranno praticamente una challenge sui social senza curarsi delle conseguenze, e quando anche il giovane Riley vorrà provare a stringere la mano, verrà posseduto dallo spirito della madre di Mia. Pur di rimanere a parlare con la defunta madre, Mia farà superare a Riley il limite prefissato di 90 secondi, portandolo ad essere completamente posseduto, senza apparentemente alcun modo per farlo tornare normale.
Dopo una sequenza d’apertura in steadycam che mostra le conseguenze di una precedente possessione (alla quale ci si ricollegherà più avanti), veramente ben girata e con una tensione palpabile, il film inizia a seguire i veri protagonisti settando inizialmente i rapporti umani, per poi inserire pian piano la misteriosa mano con varie sequenze delle feste, caratterizzate da un montaggio rapido e a tempo di musica, che sono probabilmente le più interessanti a livello registico.
Purtroppo infatti è proprio la regia l’aspetto più carente di Talk To Me, perché da qui in poi risulta spesso derivata da altri film del genere come ad esempio il fortunato Hereditary di Ari Aster, dal quale i due fratelli Philippou riprendono pari pari la possessione di Alex Wolff sui banchi di scuola. Non si contano poi i continui rimandi al cinema di Jordan Peele, a partire dalle scelte di fotografia che sono praticamente identiche a quelle di Get Out e Us, senza però alcuna traccia di un qualche intento politico/sociale o anche solo di commedia come avviene nelle pellicole del regista americano.
È sicuramente interessante la scelta del mezzo per contattare l’aldilà, specialmente nel modo in cui questo viene fatto funzionare: dopo aver stretto la mano e acceso una candela, l’utilizzatore dovrà dire “Parla con me”, facendo comparire davanti a sé (e visibile soltanto a lui) uno spirito casuale; se poi vorrà farsi possedere dovrà dire “Ti lascio entrare”, e lo spirito da quel momento sarà nel corpo fin quando le mani non verranno staccate. Questo ricorda molto le app di dating online, dove si possono scorrere i profili finché non se ne trova uno di proprio gusto; una soluzione molto originale e divertente per trattare la tematica della possessione spiritica nel 21° secolo.
Il limite di 90 secondi viene indetto in quanto si pensa che, con un tempo più lungo di permanenza, gli spiriti non vorranno più tornare nel mondo dei morti, cosa che infatti accade con Riley, ma anche con Mia seppur in modo diverso. Avendo superato il limite di soli 3 secondi, lei viene perseguitata dagli spiriti sotto forma di visioni o di piccole possessioni temporanee, che aumentano il carico di paranoia nella sua vita, soprattutto dopo il senso di colpa per aver voluto parlare troppo tempo con la madre facendo finire Riley in quel modo.
Anche in questo caso, tematiche come l’elaborazione del lutto, il senso di colpa, e in generale il trauma come vero mostro da affrontare risultano fortemente derivate dalla nuova ondata di horror post-2010. Basti pensare al già citato Babadook, di quasi 10 anni prima, senza poi andare a scomodare film come Midsommar che fanno di queste tematiche il loro intero fulcro narrativo e speculativo. Da questo punto di vista, Talk To Me sembra solo ricalcare alcuni degli stereotipi e delle mode dell’horror contemporaneo, senza mai cercare una direzione personale o innovativa al di fuori del particolare modo in cui avviene la possessione.
A farne maggiormente le spese è la parte centrale, in cui la ripetitività delle scene di festa e delle visioni spiritiche da parte della protagonista non riescono a creare la giusta tensione e spaventare come ci si auspicherebbe da un horror del genere. Ci sono sicuramente alcune scene molto potenti (in particolar modo verso il finale), che coinvolgono alcuni membri della famiglia di Mia, dove la tensione cresce e soprattutto si percepisce davvero il pericolo di questi spiriti, e fa una certa impressione anche un breve flash dove ci viene concesso di vedere il mondo dei morti.
Talk To Me sembra quasi un collage di alcune buone idee, che però i fratelli Philippou non sono riusciti a incollare perfettamente e al posto giusto, dando loro la forza narrativa e registica necessaria. Questo porta spesso a incoerenze non solo nella trama, ma anche nel modo di delineare le reazioni umane e la credibilità di alcune situazioni, come quasi tutte quelle ambientate all’ospedale. Sicuramente come film d’intrattenimento funziona ed è tra i migliori horror usciti quest’anno – non che ci volesse molto tra Russell Crowe esorcista del papa e The Nun, tralasciando che il film in realtà è del 2022 – ma dato l’hype che aveva generato penso di potermi definire deluso da un progetto che, su carta, era sicuramente più interessante rispetto al prodotto finale.
Auguro comunque ai fratelli Philippou una carriera prolifica, perché nonostante tutto stiamo parlando di un’opera prima di due registi poco più che trentenni, che davanti a loro hanno ancora una lunga strada da percorrere, e aspetto con interesse un loro prossimo progetto originale dopo i già annunciati sequel e prequel di Talk To Me.
Un ringraziamento speciale a Midnight Factory
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