Dopo aver scoperto di essere il Guerriero Dragone, affrontato i fantasmi del suo passato ed essere diventato un Maestro di Kung Fu, pareva che la storia di Po fosse giunta a una naturale conclusione, ma ad otto anni dal terzo capitolo scopriamo che c’è ancora un’altra tappa ad attendere il nostro amico panda. Infatti apprendiamo dal Maestro Shifu che è giunto il momento per Po, a dir poco riluttante all’idea, di passare il testimone da Guerriero Dragone e diventare la guida spirituale della Valle della Pace, così come lo fu il Maestro Oogway.
Come per ogni trilogia apparentemente conclusa, un quarto capitolo indubbiamente non era necessario, ma un po’ come accaduto con l’ottimo Matrix Resurrection (checché se ne dica) questo non sempre esclude la presenza di valide cartucce ancora da sparare, capaci magari di definire una nuova conclusione (?) della storia.
Nel mezzo della sua ricerca per un successore, Po si ritroverà a far coppia con la volpe ladra Zhen per fermare la Camaleonte, una strega intenta a riportare indietro dal mondo degli spiriti Maestri di Kung Fu come Tai Lung e altri nemici affrontati in passato. Alla regia questa volta troviamo Mike Mitchell al posto di Jennifer Yuh Nelson, regista del terzo e dell’insuperabile secondo capitolo, mentre la sceneggiatura è firmata per la quarta volta da Jonathan Aibel e Glenn Berger, che riescono nel loro piccolo a distanziarsi dai tre film precedenti. Questa volta, con i Cinque Cicloni impegnati in loro personali missioni, il protagonista non solo non avrà al suo fianco i suoi cari amici, ma si troverà anche catapultato in una realtà metropolitana distante anni luce dalla sua amata Valle della Pace. Insomma, “Guerriero Dragone chi?” è ciò che si sentirà ripetere più volte, in netto contrasto con l’aura da eroe che si era portato dietro finora.
Parallelamente al viaggio di Po, seguiamo anche quello dei suoi apprensivi papà, che si metteranno sulle sue orme per non perderlo mai di vista. L’assenza dei Cinque Cicloni, liquidati nei primi minuti come dei qualsiasi Captain Marvel nei film degli Avengers, è qualcosa che di primo acchito potrebbe far storcere il naso, ma pian piano, con il passare dei minuti, riesce a farsi sentire meno di quanto pronosticato. Infatti oltre a Zhen (doppiata in originale da Akwafina), piacevole new entry dal passato triste e nebuloso nonché spalla atipica per il protagonista, troviamo una vasta gamma di nuovi, insoliti e spassosi personaggi ad animare questa nuova avventura.
Anche sul lato comico Kung Fu Panda 4 riesce a trovare nuovi spunti, come le esilaranti voci interiori che parlano a Po e Shifu, o ad esempio con il protagonista che, con bizzarri risultati, tenta di tirare fuori perle di saggezza come era solito fare il Maestro Oogway. Si ride molto ma sempre con equilibrio, in linea con i precedenti capitoli, senza mai sfociare nel demenziale. Discorso analogo per la regia, che riesce a proporre scene di inseguimento e di combattimento sempre coinvolgenti, divertenti e di buonissima fattura, consolidando il ritmo a tratti piacevolmente frenetico della saga.
La Camaleonte (che in originale ha la voce di Viola Davis), con un design che ricorda un po’ la Hela del MCU, si presenta come una villain atipica, e forse più ogni altro avversario rappresenta in tutti i sensi l’opposto di Po. Anche le sue capacità sono insolite per la saga: lei infatti non conosce il Kung Fu, e decide di assorbirlo dai maestri defunti perché in passato non le fu data opportunità di apprenderlo. La sua storia è tutta lì, scritta in due righe, ma le sue azioni, la sua furbizia e tutto il contesto narrativo creatole attorno la rendono comunque una villain accattivante. Come già accennato, inoltre, grazie alla Camaleonte abbiamo l’opportunità di rivedere vecchi nemici come Kai, Lord Shen e soprattutto Tai Lung; certo, non siamo in un film di Fast & Furious dove da un momento all’altro i cattivi diventano buoni, ma è molto piacevole (nelle storie scritte con un minimo di criterio) poter osservare pentimenti e spiragli di redenzione in personaggi che forse avevano ancora qualcosina da dire.
Giunto dopo anni al suo quarto lungometraggio, Kung Fu Panda funziona ancora e ci riesce trovando il giusto equilibrio tra usato sicuro e piccole ma significative novità. Non siamo sicuramente ai livelli del secondo film (che se non ricordate bene, vi consiglio di riguardare), ma questo Kung Fu Panda 4 non sfigura affatto all’interno della saga DreamWorks, che ormai ha sulle spalle ben 16 anni. Un neo volendo possiamo trovarlo nel colpo di scena piuttosto telefonato, ma la storia, tra una gag e l’altra, riesce a portare avanti degnamente lo sviluppo del protagonista.
In assenza (o in attesa?) dei Cinque Cicloni, il film inoltre regala una sequela di nuovi strampalati personaggi che è impossibile non voler rivedere. In ultimo, come un buon dessert, occorre menzionare la cover semplicemente favolosa di Baby One More Time cantata da Jack Black: questa volta uscirete dalla sala non solo mimando mosse di Kung Fu, ma anche cantando.
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