Le Règne Animal, questo il titolo originale del film, è un’opera di fantascienza francese diretta da Thomas Cailley, che già dopo la sua presentazione come film d’apertura della rassegna Un Certain Regard di Cannes 76 ha fatto molto parlare di sé, arrivando a vincere ben 5 premi César (i David di Donatello francesi) e guadagnando una distribuzione a livello internazionale.
Il film parla di un mondo in cui, improvvisamente, i corpi degli esseri umani vanno incontro a delle mutazioni che li trasformano in ibridi animali, narrando la storia dal punto di vista di una famiglia: un padre, François (Romain Duris), insieme al figlio Émile (Paul Kircher) si sposta a vivere dal nord al sud della Francia per permettere alla moglie Lana (Florence Deretz) di curarsi in modo più approfondito, essendo lei stata colpita da una di queste mutazioni. Dopo il loro trasferimento al sud, il camion che doveva trasportare la donna in un centro di cura insieme ad altri ibridi animali si schianta a causa di un temporale particolarmente forte, facendo fuggire tutti gli ibridi nel bosco del paesino.
Questo porterà François ad una ricerca ossessiva per la moglie che sfocerà anche in violenti litigi con il figlio, il quale vorrebbe solamente ambientarsi e vivere la propria adolescenza in un contesto già fin troppo stressante, piuttosto che combattere quella che secondo lui è solamente una causa persa. I veri problemi però arriveranno quando anche Émile inizierà a sviluppare i primi sintomi della mutazione, che cercherà in ogni modo di rigettare e soprattutto di nascondere ai compagni di scuola e al padre.
Il film è un grande esempio di ibridazione tra fantascienza e young adult veramente ben riuscita, che riesce a mantenere alta la presa su entrambi i generi senza che uno cannibalizzi l’altro – come spesso accade soprattutto nella narrativa teen, che si mangia qualsiasi altro elemento “di contorno”. Nel caso del film, l’elemento fantascientifico diviene la metafora perfetta per il cambiamento e i turbamenti dell’adolescenza, in cui gli istinti ormonali del protagonista vengono sostituiti con quelli animaleschi; il continuo spaesamento di questo periodo dello sviluppo viene messo in scena anche a livello fisico, con un corpo che Émile fatica a riconoscere e soprattutto ad accettare come suo, strizzando l’occhio in questo senso anche alle esperienze delle giovani generazioni queer.
Il cuore pulsante di The Animal Kingdom però rimane sicuramente il rapporto tra padre e figlio, che rende perfettamente su schermo anche grazie alle interpretazioni dei due attori, entrambi non solo in parte ma con una grande chimica tra loro: soprattutto nelle scene dei litigi, infatti, i due risultano particolarmente realistici in un rapporto che, anche grazie ad una scrittura veramente oculata, risulta denso di ambiguità, di scelte complesse e spesso anche ipocrite, cogliendo perfettamente l’umanità dei due personaggi. In una storia che parla di “mostri” (nome affibbiato ai mutanti dalle frange più estremiste di destra) è invece molto importante il fatto che il focus sia sempre sull’umanità, non intesa in senso di purezza della razza – come spesso accade in storie fantasy classiche – ma anzi, di spirito di fratellanza umana nonostante le difficoltà e i cambiamenti.
I mutanti sono trattati in un modo molto simile agli X-Men, con le loro abilità che, nonostante non siano supereroistiche ma solamente animali, vengono viste come alterazioni da correggere, e per questo vengono inseriti in delle strutture mediche apposite molto simili a degli ospedali psichiatrici. Questa linea narrativa viene portata avanti grazie all’amicizia che, pian piano, il protagonista stringerà con Fix (Tom Mercier), un ragazzo trasformato in uccello e fuggito anche lui dal camion schiantato, che non riesce a volare perché i medici hanno deliberatamente provato ad asportargli o limitargli alcune caratteristiche animali (il viso a forma di becco costretto da una maschera e da una chirurgia correttiva) in favore di quelle umane, che invece il suo corpo è sempre più portato a rigettare.
A differenza però di qualsiasi opera del genere proveniente da un contesto statunitense (come appunto gli X-Men), il film è molto più crudo e realistico, non perdendosi in facili morali semplicistiche e divisioni nette tra bianco e nero: il bello di Le Règne Animal è proprio la sua natura francese ed europea, che in rari casi come questo possono portare ad un cambio di paradigma nella messa in scena di alcuni topos, ormai inevitabilmente colonizzati dallo sguardo statunitense. Ci si trova quindi ben lontani dall’estetica da blockbuster che pure il budget poteva far temere (13-15 milioni possono sembrare nulla per il contesto hollywoodiano, ma per lo standard europeo sono decisamente tanti).
Nel film, le scene riguardanti le mutazioni animali sono particolarmente cruente e non lasciano molto all’immaginazione, ma ciò che rende The Animal Kingdom unico nel panorama young adult è la crudezza dei rapporti psicologici, descritti tramite azioni anche particolarmente efferate per cui però i protagonisti non vengono mai giudicati e categorizzati moralmente, ma solo osservati in tutto il loro realismo. Persino i personaggi di contorno, come appunto Fix o la poliziotta Julia (Adèle Exarchopoulos) vengono tratteggiati perfettamente, e basta anche una loro frase o un singolo sguardo per capire il contesto in cui vivono.
Le uniche sbavature del film sono da ritrovare in una CGI ogni tanto traballante – nonostante regga molto bene per la maggior parte del film, cala soprattutto quando viene inquadrato il personaggio di Fix, sicuramente il più complesso da rendere su schermo – e nell’inserimento, spesso forzato, di un punto di vista “moralmente giusto” tramite il personaggio di Nina (Billie Blain); compagna di classe di Émile, Nina spesso si ritrova ad essere la “voce della ragione” che guida la morale del film tramite alcuni dialoghi forzati inseriti quasi a mo’ di spiegone, nonostante comunque il suo rapporto col protagonista sia scritto molto bene. La regia di Thomas Cailley non risulta particolarmente ispirata o originale, ma asservisce perfettamente alla storia che vuole raccontare senza sbavature di sorta, e così anche il resto del comparto tecnico, fatta eccezione per l’incredibile comparto sonoro e le bellissime musiche folk di Andrea Laszlo De Simone, vincitore infatti anche di uno dei 5 César del film.
Le Règne Animal è un buonissimo film di genere, che accontenterà sia i ragazzi alla ricerca di un film interessante e moderno, sia gli appassionati di fantascienza stanchi del solito panorama statunitense. Quello che ci si può augurare è che in Europa ci sia sempre più spazio per produzioni del genere, che dimostrano come anche con una frazione del budget di film ben più blasonati si possano raccontare storie altrettanto, se non più, interessanti, sia a livello narrativo che soprattutto nella messa in scena e nello sguardo.
Dal 13 giugno non perdetelo nei cinema italiani, così forse si riuscirà a dar risonanza ad un progetto che potrebbe fare da traino per un futuro più luminoso per l’industria cinematografica del vecchio continente; magari in questo modo anche progetti di genere nostrani come La Terra dei Figli o Piove, molto validi nonostante l’uscita nel periodo sbagliato, potranno continuare a proliferare anziché rimanere degli unicum nel panorama italiano moderno.
Un ringraziamento speciale ad I Wonder Pictures
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