Il Robot Selvaggio, getta il cuore oltre la programmazione

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Voto:

Pur essendo uno dei miei studi d’animazione preferiti, bisogna riconoscere che la DreamWorks purtroppo è abbastanza incostante. Nella sua produzione troviamo alcuni titoli che meriterebbero la damnatio memoriae e tanti altri semplicemente mediocri, ma quando ci si mette d’impegno sa davvero tener fede al suo nome regalandoci dei sogni ad occhi aperti. Un paio di anni fa è tornata a dimostrarlo con il magnifico Gatto con gli stivali 2 e ora con Il Robot Selvaggio, che pur non arrivando allo stesso livello è comunque notevole.

Il film si basa sull’omonimo romanzo di Peter Brown (precedentemente noto in Italia anche come “Il robot selvatico“), qui adattato e diretto da Chris Sanders, per un’avventura indirizzata principalmente ai giovani ma capace di conquistare il cuore di tutti. La storia è ambientata nel futuro e racconta di un robot tuttofare che, anziché arrivare a destinazione dal suo acquirente, precipita su una piccola isola incontaminata. L’unità ROZZUM 7134 (per gli amici “Roz“), persa in questo ambiente per cui non è programmata e senza qualcuno che le affidi un compito da svolgere, troverà uno scopo nel crescere una piccola ochetta rimasta orfana, dovendo nel mentre adattarsi a una natura selvaggia e ostile.

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Di primo acchito le premesse potrebbero far pensare a qualcosa di abbastanza scontato o comunque già visto, richiamando banalmente anche un po’ Il gigante di ferro, ma in realtà Il Robot Selvaggio ha più personalità di quanto non sembri e racchiude diverse tematiche interessanti. Infatti mentre la storia di per sé non riserva grandi sorprese e avrei preferito osasse di più (ma presumo che qui c’entri anche il libro originale), a colpire sono i tanti argomenti che mette sul piatto e che porta avanti in maniera efficace e comprensibile per chiunque, pur su diversi livelli a seconda dell’età.

Al di là di evergreen dei film per ragazzi come la famiglia, l’amicizia, trovare il proprio posto nel mondo e andare oltre i pregiudizi, ci sono un paio di temi che spiccano maggiormente. Il primo è quello della morte all’interno della natura: noi esseri umani la fine della vita è un momento sacro e solenne, ma nel regno animale è ordinaria amministrazione, e questo viene rappresentato in maniera quasi documentaristica, senza tabù e senza pathos, complice lo sguardo neutrale di Roz.

Come osserverà il robot cercando di capire il contesto, gli animali sono “programmati” per agire in un certo modo, e la questione della programmazione torna anche in un altro tema, seppur in maniera più sottile: quello della maternità. Infatti quando Roz si troverà a dover accudire la piccola oca, una delle sue prime frasi sarà “non sono programmata per essere una madre”, che per un pubblico più adulto può risultare particolarmente significativa. Come risponde subito dopo una mamma opossum con tanti figlioletti in spalla “nessuno lo è”, uno scambio che va oltre la semplice questione biologica portando con sé riflessioni ad esempio sul dovere e volere essere madre, su cosa voglia dire questo ruolo indipendentemente da un legame di sangue e le difficoltà che comporta.

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La nostra storia come esseri umani però ci insegna che, per adattarsi e sopravvivere, a volte è necessario andare oltre la propria programmazione; noi avendo bypassato la nostra condizione naturale siamo il massimo esempio di questo, e il fatto che qui anche Roz e (a un certo punto) gli animali dell’isola siano costretti a farlo li rende effettivamente più umani ai nostri occhi, permettendoci non a caso di empatizzare di più con loro. Poi ci sarebbe tutto un discorso sulla colpa, la redenzione e il perdono, ma già mi sono dilungato abbastanza su questi aspetti e voglio lasciare anche a voi parte dell’interpretazione. Il Robot Selvaggio è una di quelle opere sulle quali più ci si sofferma, più è possibile trovarci dei significati: mica male per un film del genere! Con sorpresa non ci ho trovato un messaggio ecologista come invece mi sarei aspettato, ma meglio così dal momento che ultimamente l’argomento è molto inflazionato nelle storie con protagonisti dei robot.

Nonostante mi sia concentrato sulle tematiche, avendo queste catturato di più il mio sguardo da adulto, ovviamente non passi che siano tutto: il film non prende i bambini per stupidi come troppo spesso accade, ma nemmeno vuole annoiarli a morte. Il Robot Selvaggio infatti fa anche molto ridere, e l’umorismo è quello che abbiamo imparato ad amare dalla DreamWorks: brillante, schietto e con delle adorabili punte di cinismo. Un personaggio molto divertente in questo senso è la volpe Fink, sebbene a tratti mi abbia ricordato un po’ troppo Nick di Zootropolis. Sul finale poi c’è tanta azione, forse troppa, con un tripudio di esplosioni che purtroppo manda all’aria anche parte del pathos, pur essendoci belle trovate e una buona contestualizzazione.

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In tutto ciò la computer grafica si presenta con uno stile pittorico che vuole ricordare un po’ i libri illustrati per bambini. Nel complesso nulla di sbalorditivo, ma si nota comunque una cura enorme dei dettagli e ci sono delle scene molto poetiche e suggestive, soprattutto nella parte iniziale dove Roz scopre l’isola. È pur vero che negli ultimi anni l’asticella nell’animazione 3D è stata alzata molto da film come Into the Spider-Verse, Tartarughe Ninja: Caos Mutante o anche lo stesso Gatto con gli Stivali 2. Pazzesche invece le musiche: tutto mi sarei aspettato fuorché una colonna sonora così potente. Il compositore Kris Bowers con i suoi brani dà decisamente una marcia in più al film, e vi sfido a non commuovervi quando nei titoli di coda partirà Even When I’m Not cantata da Maren Morris.

Il Robot Selvaggio è un ottimo film per bambini e ragazzi, con tanto cuore e tanti buoni sentimenti, che però è in grado di appassionare anche gli adulti con chiavi di lettura interessanti e un graffiante senso dell’umorismo. I più grandi potrebbero storcere il naso davanti ad alcune soluzioni narrative che premono un po’ troppo sul potere dell’amore, ma in realtà pure in queste che sembrano delle leggerezze si nasconde di più: un invito a non essere sempre eccessivamente razionali come fa inizialmente Roz, che è un robot, ma imparare a lasciarsi andare alle emozioni quando serve.

Per me una delle più belle sorprese del 2024 al cinema, e a questo punto attendo con curiosità il sequel già confermato. Essendo 3 i libri di Peter Brown su Il Robot Selvaggio, penso proprio che la DreamWorks punti a una trilogia.

RocketSimoon Articoli
Appassionato di film e videogiochi da quando c'erano ancora videocassette e floppy disk, da meno tempo anche di serie tv. Sono curioso per natura e per questo non specializzato in un unico genere, ma tendo a preferire horror, thriller e azione.

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