Sono cresciuto con le avventure grafiche, lo confesso: mi sono divorato tutti i Monkey Island e ogni singolo Broken Sword (maledetta capra!!). Quindi non appena mi è capitata sottomano la possibilità di giocare a qualcosa di storicamente accurato (la storia è la mia seconda passione… o la terza? Non ricordo mai) e dalle sembianze vagamente retrò, non mi sono certo tirato indietro e a quanto pare ho fatto bene.
Sviluppata dal team di Mi’pu’mi Games, piccola compagnia indipendente con sede a Vienna e che al suo interno conta veterani di grandi compagnie videoludiche quali Rockstar e Ubisoft, The Lion’s Song è una serie videoludica ad episodi che si concentra su esponenti minori, ma non per questo meno significativi, della scena artistico-scientifica viennese. Degno di menzione è il fatto che la serie fornisce il primo episodio gratuitamente (potete scaricarlo qui) in modo da dare un assaggio della storia senza quindi obbligare il giocatore all’acquisto degli altri capitoli (accessibili tramite season pass). Non fatevi ingannare, finirete comunque per acquistarli tutti e divorarli in un sol boccone.
Il primo episodio (Silence), ci cala nei panni di Wilma, talentuosa violinista alle prese con un blocco dello scrittore proprio alla vigilia del suo concerto più importante. Una fuga sulle Alpi e un incontro inaspettato saranno la chiave per dei risvolti particolari.
Il secondo episodio (Anthology) ci mostra la complessa vita di Franz, aspirante pittore il cui peculiare talento lo rende in grado di vedere le paure e i difetti dei suoi soggetti, i cosiddetti “strati” (stiamo parlando di persone, non cipolle! Evitiamo di confonderci con un altro famoso personaggio dal pessimo carattere e dalle lunghe orecchie verdi). Grazie a questo suo talento, Franz non solo imparerà sempre meglio a conoscere la psicologia delle persone ma anche la sua, riuscendo a trovare l’equilibrio necessario per dare una svolta alla sua vita e far decollare la sua carriera artistica.
Ma parliamo più nel dettaglio del terzo episodio, Derivation: siamo nella Vienna di inizio ventesimo secolo e la giovane protagonista, l’aspirante matematica Emma, si ritrova con una teoria rivoluzionaria sul cambiamento. Purtroppo in una società dove la donna ancora non ha raggiunto l’emancipazione, non vi è spazio per matematici in gonnella ed Emma vede le sue teorie e proposte cadere di fronte all’indifferenza degli esponenti del Radius (affermato circolo di matematici viennesi). Un’improvvisa disgrazia personale le offrirà non solo la spinta, ma anche i mezzi necessari per portare avanti le sue idee e prendere il posto che le spetta tra i grandi nomi della matematica.
Graficamente il gioco conserva lo spirito delle vecchie avventure grafiche ad 8bit con un tocco di modernità: i personaggi sono resi con uno stile semplice e retrò eppure si possono notare svariati dettagli ed ombre, un perfetto connubio tra passato e presente che suscita nel giocatore un forte sentimento di nostalgia e al contempo ne delizia gli occhi. Le transizioni da una scena all’altra sono semplici e in linea con lo stile globale anche se a lungo andare tendono ad urtare gli occhi, problema a cui hanno posto rimedio gli sviluppatori del gioco inserendo transizioni animate in maniera più complessa, per suggerire l’avanzamento nella trama, evitare ripetizioni moleste e rinfrescare la grafica.
I dialoghi, che vantano persino una pregevole localizzazione in italiano (una volta tanto non hanno fatto tradurre i testi ad una scimmia ubriaca), non sono doppiati proprio a voler mantenere lo spirito delle vecchie avventure dove i personaggi si esprimevano a sottotitoli qualche volta conditi con buffi effetti sonori. Per quel che riguarda il comparto audio, il gioco si presenta piacevole e rilassante: gli effetti sono mantenuti al minimo e la musica è un lieve e per nulla invadente sottofondo che favorisce un’immersione totale nella vicenda.
The Lion’s Song potrebbe sembrare l’ennesimo titolo indie che cerca di fare leva sulla nostalgia dei giocatori con grafiche retrò e stile minimal, ma la vera forza di questa serie è proprio nella sua struttura: ogni episodio è collegato ai precedenti di modo che le scelte compiute dal giocatore si ripercuotano e si ripresentino all’interno di contesti diversi. Ad esempio un determinato dialogo avvenuto nei panni di Emma può essere rivisto e rivissuto nei panni di Franz all’ingresso di un caffè o colto di sfuggita da Wilma durante una passeggiata in qualche paesello alpino. Gli enigmi sono semplici e complessi allo stesso tempo, ma mai banali: anche semplici pressioni di mouse o drag-and-drop permettono di proseguire nell’avventura, ma la vera difficoltà del gioco (se così la vogliamo chiamare) sta nelle parole. Sì, proprio nelle parole! Perché come il giocatore tende ad imparare sin dalle prime battute, la giusta combinazione di risposte può portarti lontano, ma basta una frase per rovinare ore e ore di gioco.
Concludendo, The Lion’s Song è una serie di avventure grafiche che poco ha da invidiare ai grandi titoli del passato, e dimostra il potenziale di compagnie indipendenti come Mi’pu’mi nel dar vita a capolavori che, nonostante la scarsa visibilità, sono in grado di rivaleggiare per stile e contenuti con pubblicazioni maggiori e più note.
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