The Monkey – Oz Perkins firma un discreto giocattolino horror

the monkey osgood perkins film

Voto:

Era il 1976 quando Brian De Palma, con quel capolavoro di Carrie, traspose per la prima volta un’opera di Stephen King, e dopo quasi mezzo secolo tra alti, bassi e bassissimi le storie del Re del brivido continuano ad affollare piccolo e grande schermo. Questa volta è il turno di The Monkey, storia breve datata addirittura 1969 (dal 1985 inclusa nella raccolta Scheletri), affidata alle mani del talentuoso Oz Perkins che oltre alla regia ne ha curato la sceneggiatura.

Dopo aver trovato in soffitta una scimmia giocattolo appartenuta al padre, i gemelli Bill e Hal si rendono conto della scia di morte che essa trascina con sé; i due decidono così di gettarla il più lontano possibile e di proseguire le loro vite, che col trascorrere degli anni finiranno per allontanarsi sempre di più. La trama è tutta qui, semplice, quasi all’osso e, al contrario di quanto fatto con il buonissimo Longlegs viene affrontata da Perkins senza ambiguità, senza enigmaticità e soprattutto senza la minima seriosità.

the monkey film giocattolo

The Monkey parla di morte in tutte le sue forme, dalla più truce alla più bizzarra, fino alla più sofferta (dal punto di vista emotivo), ma lo fa scegliendo di non prendersi mai sul serio. Il mondo in cui è ambientata la storia è per certi versi quasi caricaturale, reso ancor più stravagante e imprevedibile dalla serie di eventi che circondano i protagonisti. Insomma, abbandonato l’horror investigativo carico di tensione, il regista dimostra che la vena black humor di certo non gli manca, e decide di condirla con una sequela di morti all’insegna del grottesco e dello splatter. Una mossa intelligente se si considera anche la mancanza di particolari colpi di scena che fornisce il materiale originale.

Se dovessimo trovare un punto in comune con Longlegs (sebbene i due film non siano paragonabili), questo sarebbe l’oggetto inanimato al centro delle vicende, che rappresenta il male e la sua casualità in tutto e per tutto; nella pellicola con Nicolas Cage avevamo un manichino, qui abbiamo la classica scimmietta giocattolo. Nonostante la (voluta) mancanza di tensione per gran parte del tempo, è buffo constatare come quei pochi momenti di inquietudine arrivino proprio dal giocattolo, con inquadrature e primi piani che sembrano animare completamente una scimmietta che, in fin dei conti, non fa altro che alzare e abbassare un braccio, facendo partire una melodia che col passare dei minuti assumerà sempre di più le sembianze di una stramba marcia funebre.

Nel ruolo dei gemelli troviamo Christian Convery (da bambini) e Theo James (da adulti), entrambi molto abili nel trasmettere tratti facilmente distinguibili alle loro controparti nonostante le superficiali caratterizzazioni, mentre nella parte della madre amorevole ma disillusa dalla vita troviamo Tatiana Maslany. La storia della loro famiglia attraversa un arco temporale di 25 anni, ma nonostante il tempo passato tutto sembra ambientarsi nello stesso periodo, un periodo quasi indefinito in questo Maine (ovviamente) tanto normale quanto inusuale, che per certi versi pare voglia richiamare, anche per la scelta delle musiche non originali e per l’atmosfera opprimente, proprio quegli anni tra i ’50 e i ’70 tanto cari a molte delle opere di King.

the monkey film tatiana maslany

Quella di The Monkey è un’operazione all’apparenza semplice, ma che quasi sicuramente in mano a un regista meno capace non avrebbe reso allo stesso modo. Certo, non sarà questa pellicola ad essere sbandierata come spot dell’autorialità e della bravura di Oz Perkins, anzi, oltre ai pregi è bene evidenziare come la narrazione, pur sempre spedita e incalzante, arrivi alle battute finali quasi scarica, spompata, come se avesse già sparato le cartucce migliori.

Insomma, come al solito nulla (o quasi) è perfetto e non tutte le pellicole hanno l’ingrato compito di rivoluzionare un genere, ma The Monkey, nella sua completa follia, riesce comunque a regalarci uno di quegli horror eccentrici e fuori di testa in grado di ritagliarsi uno spazio tra i piccoli cult del genere. Alla fine, abbiamo una storia scritta del Re del brivido, tanto macabro black humor, tanto sangue, morti bizzarre e la regia quadrata di un abile cineasta… perché no?

Un ringraziamento speciale a Eagle Pictures

Il Tac non è un critico cinematografico o uno studioso di cinema, ma semplicemente un cinefilo, seriofilo e all'occorrenza fumettofilo, a cui piacere mettere il becco su tutto quello che gli capita sotto mano... o sotto zampa.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.