Approfitto di una brutta influenza per “divorare” il nuovo Old Boy e portare a voi cagnacciofili questa nuova recensione, col consueto entusiasmo visto che, lo sottolineo sempre, un’uscita quadrimestrale con 3 storie “vecchio stile” (Bloch ancora in servizio, assenza di internet e via discorrendo) rende praticamente fini a se stesse le polemiche circa il restyling voluto dal RRobe.
Editoriale accattivante quello firmato al solito dal suddetto, che preme soprattutto sul nuovo copertinista del formato, giacché quello vecchio è passato (giustamente, visto l’indiscutibile talento) alla serie regolare. Personalmente non trovo questa copertina granché meritevole, forse per lo stile troppo fumettoso e troppo poco artistico (perdonatemi il linguaggio spicciolo); forse avrei trovato più interessante assegnare questo lavoro al sempreverde Stano, secondo uno scambio più o meno equo. È soprattutto la menzione alla storia di sua maestà Chiaverotti che cattura la nostra attenzione: il curatore ci preannuncia che essa era in cantiere da tanto e che abbondavano dubbi sul pubblicarla o meno, ma andiamo per ordine.
Il primo capitolo “Il sorriso dell’assassino“, targato Gualdoni e inscenato dall’inconfondibile Piccatto, coadiuvato dai meno noti (almeno a chi scrive) Riccio e Santaniello, è un’interessantissima interpretazione dylaniata di una ben nota “favola” per bambini, ma dire altro su questo equivarrebbe a spoilerare. Particolari punti di forza sono un plot narrativo ben strutturato e aventi al centro, in sequenza, uno sberleffo ai danni di una coppia felice e plastificata, il disamore interiore di una ragazza in perenne conflitto con la vita e quello di un barbone che la vita sceglie consapevolmente di rifiutarla, il tutto condito da una discreta dose di splatter. In effetti il mio pensiero è volato a uno dei miei film preferiti, “Saw – l’enigmista”, il miglior film, azzarderei, dove cattivo e buono si confondono, e in effetti il finale conferma ciò, anche se in modo assolutamente funzionante e non scontato, benché a quel punto è stato a quel piccolo capolavoro che fu “Falce di luna” che ho pensato. Eccezionale l’intervento di Groucho, benché salvifico solo a metà, e sempre apprezzabilissimo l’ispettore al lavoro.
Veniamo ora alla controversa storia di CClaudio (non me ne voglia se “Rrobizzo” il suo nome), intitolata “Il gioco del dolore“. Il tema è nientepopodimeno che la violenza sulle donne. Sì, violenza sessuale. Il tormento che la poverina subisce DEVE per forza di cose rimandare a “Ossessione”, e un po’ anche ad un paragrafo degli “Orrori di altroquando”, complice la somiglianza del tratto di Pennacchioli con quella di Micheluzzi (vi chiedo scusa se ho detto un’eresia ma sì, li ho trovati molto simili, scarni ed essenziali ma comunque coinvolgenti e tecnicamente validi), e stavolta sappiamo “di default” che non ci saranno gemelli, perché il ritorno dello stalker non si manifesta sempre nella stessa persona bensì in individui diversi, posseduti dallo spirito del primo (assolutamente degna di nota la riproduzione del suo ghigno su volti diversi)! Ora penserete che stia spoilerando troppo, ma non è così, perché la risoluzione della trama è un vero e proprio colpo di scena, di quelli a cui i migliori Dylan Dog ci hanno abituato (e i peggiori, disabituato, aggiungerei con un po’ di cattiveria), che serve però per sottolineare il talento tuttora vivo e fecondo (vedasi Morgan Lost) di chi ha contribuito più di tutti, oltre ovviamente a Sclavi, a rendere Dylan Dog ciò che è. Più di tutti, Chiaverotti riesce ancora oggi a cogliere gli aspetti controversi dei rapporti amorosi, e questa volta non si è risparmiato, regalandoci un finale veramente “politically incorrect”, che penso potrebbe far infuriare femministe e simili e che rischia di far discutere non poco. Personalmente trovo che l’argomento meriterebbe una trattazione ed una riflessione seria e fredda, possibilmente lontana da buonismi e moralismi di cui spesso ci ritroviamo succubi, anche a causa della “cultura” cattolica che troppo spesso è causa indiretta (ma non solo) dell’infelicità delle coppie. Al di là di questo ho apprezzato anche un calarsi negli anni 80/90 particolarmente marcato, vedasi registratore a bobina della polizia e assenza di cellulari (non soltanto di “Irma”!): la scelta di gestire arbitrariamente questi elementi, in funzione della scorrevolezza del plot narrativo, potrebbe sembrare un po’ “paracula”, ma personalmente la trovo legittima, da parte di una testata trentennale che vuole raccontare dei giorni nostri. Difatti nell’episodio successivo ci troveremo in una fase intermedia, in cui i cellulari sono ben diffusi ma (ovviamente) Dylan e Groucho sono ancora lungi dall’utilizzarli.
Molto simpatica infine, forse per stemperare il clima, l’idea alla base dell’ultima storia “Il burattinaio“, in cui le cruenti scenette di un insolito spettacolo di burattini trovano immediato riscontro nella realtà. Divertente vedere DYD alle prese col gruppo di “buskers dell’orrore” amici e colleghi della sua nuova fiamma. Ma l’amore che “muove i fili” della trama non è il loro, come ci verrà proposto in una risoluzione struggente, anche questa punteggiata di aspetti oscuri dei sentimenti, passando per omertà e ingiuste condanne e col buon vecchio Lucifero che, pur incarnato in una marionetta, si rivelerà vero “burattinaio” della situazione. Unica nota significativa di demerito: i disegni. Generalmente gradevoli per la maggior parte della storia, arrivano chissà perché a deformare sporadicamente a tutti gli effetti i personaggi, in primis il povero Bloch, che mi ha colpito in una sequenza per quanto è stato reso male, neanche avesse dei bubboni in faccia.
Ragazzi, che dire, ancora una volta 3 storie decisamente vincenti, tutte e tre in pieno stile Dylan Dog vecchia maniera, eppure non particolarmente ripetitive. Lo scopo del formato potrebbe far correre questo rischio, e forse il recente cambio di rotta rende meno pesante il ritrovarsi di fronte alcuni elementi “tipici”, ma la lettura è comunque molto gradevole e le sceneggiature rendono indiscutibilmente ed efficacemente omaggio al nostro fumetto preferito.
Dolan Dox
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